A Pechino si mangia il maiale
PIGS come maiali. Non è forse il termine più rispettoso da usare, ma così ci si riferisce, con un acronimo, a 4 paesi europei (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). Talvolta si parla di PIIGS, aggiungendo l’Italia. Sono paesi in cui il debito pubblico è particolarmente alto, o si sta alzando pericolosamente, e che, soprattutto, non sono in grado di contenere le spese e quindi hanno disavanzi di bilancio sempre più alti.
Ma come arriva la crisi?
Prima la Grecia, poi l’Irlanda, hanno visto cadere la fiducia della comunità finanziaria internazionale circa la propria capacità di ripagare tutti i prestiti. In questa situazione è difficile rinnovare il debito pubblico esistente, se non pagando tassi di interesse molto alti, con il rischio di dichiarare il fallimento dello Stato. Per scongiurare questo pericolo occorre trovare qualcuno che salvi queste economie in crisi, concedendo prestiti di emergenza sotto la promessa di risanare l’economia al più presto. Così è stato per la Grecia.
Una crisi che colpisse tutti e 4 (o 5) i paesi PIGS sarebbe dalle conseguenze inimmaginabili. Questa prospettiva non spaventa solo gli Europei, che discutono circa le soluzioni da trovare, ma anche la seconda potenza mondiale, la Cina, che già applica le proprie soluzioni. Se l’Europa va in crisi, chi comprerà i prodotti cinesi? Chi sosterrà con i propri consumi, la crescita asiatica? Gli Stati Uniti, da soli, non ce la fanno. Ecco allora che il 22 dicembre scorso la Cina fa all’Europa un regalo di Natale: si dichiara disponibile ad aiutare i paesi in difficoltà, con un meccanismo che mostra le forti interrelazioni in gioco. La Cina ha le cassaforti piene di denaro; fino a questo momento ha comprato quasi solo titoli di Stato statunitensi, mentre ora sta pensando di diversificare e comprare titoli di Stato dei paesi in difficoltà. Il tutto non avviene certamente gratis: richiede anche di entrare in settori strategici come le telecomunicazioni e l’energia (ha già fatto in questo modo con la Grecia). Così grazie ai soldi ricevuti dai cinesi le nostre economie sopravviveranno ancora. Con quei soldi, poi, potremmo quindi continuare a comprare prodotti cinesi, e i pagamenti serviranno quindi a restituire ai cinesi stessi quanto prestatoci in precedenza. In questo modo i cinesi continueranno a crescere e noi a sopravvivere.
Il gioco già funziona, almeno temporaneamente, con gli Stati Uniti. Ora, a Pechino, si mangerà anche il maiale.
Fabrizio Panebianco
Dottorato in economia Università Ca’ Foscari, Venezia.
Ricercatore di Economia politica, Università Milano-Bicocca