Scorrendo le pagine di Madrugada
Caro lettore e cara lettrice,
indossa l’abito della festa ed entra nel labirinto di Madrugada, che ti accompagna ai bordi della notte con un abito leggero come vuole l’estate, nuovo come impone l’imprudenza di chi vuole scomparire restando nel cuore.
Ma perché riprendere ancora le immagini di bimbi sofferenti, e parlare di violenza quando la strada più battuta è quella del mare e dei monti e puoi scoprire volti di bimbi impiastricciati di marmellata? Risponde Egidio Cardini chiedendoci perché proviamo tanto orrore alla notizia del sacrificio umano del bambino di Tzacalemel da parte dei Maya del Chiapas nel 1850, e rimaniamo indifferenti a fronte dei mille che vengono crocifissi sulle colline e schiacciati nelle strade di Rio e dell’America latina.
La globalizzazione non è il globomappamondo che charlothitler dondolava sul suo culo. Ma incide sulla vita nostra e dei meninos; forse in modo positivo, forse negativo (scrive Gandini nel suo articolo, salvato fortunosamente da un capitombolo virtuale). Sicuramente ha indebolito le nazioni, le grandi ideologie, le grandi istituzioni. E noi siamo più liberi e più soli; liberi di fare democrazia, ma fermi nella nostra solitudine.
Una risposta alla frantumazione che ci impedisce la ricerca di democrazia ed il superamento della paura la troviamo dentro In cerca d’ali: la comunicazione di Pierina Ceccato, che ci presenta il doppio volto della comunicazione, la sua funzione di plagio e quella di umanizzazione.
La lettura di un buon libro graffia lo smalto dietro il quale vogliamo conservare il ruolo conquistato a colpi di gomito: alla lettura di Giustizia e pace si baceranno di Jorge Santiago e Anne de Saint Phalle in colloquio con il vescovo di San Cristóbal de Las Casas Samuel Ruiz sulla loro terra del Chiapas; ci introduce il giornalista Maurizio Chierici.
Ettore Masina ci porta a riflettere sugli ostaggi di Lima, sulla inutilità di quel sequestro in: Peù, un popolo ridotto a ostaggio; ma anche sulla malvagità del sistema del presidente Fujimori, sulla miseria dei peruviani, sulla disperazione in cui vivono i carcerati politici di quel regime, che i tupamaros hanno voluto farci conoscere, con una azione in cui non hanno fatto violenza fisica ad alcuno degli ostaggi sequestrati.
E poi preparati a tuffarti nelle acque gelide del fiume Controcorrente, nuotando flessibile come un salmone che cerca la sorgente e la vita. Vi troverai cibo, ma dovrai spezzarlo con le tue mani e romperlo coi tuoi denti. Giuseppe Stoppiglia, che scopri a metà percorso, ti conduce sulla strada della non rassegnazione, lontano dal sentimentalismo che prelude al crepuscolo dei morti.
Segue una poesia di Arnaldo de Vidi: Lui, giudice mite inflessibile.
Poi un angolo letterario dal Marocco di Zhor Sbai con La Gorgone dalle movenze kafkiane.
Dal Brasile arrivano alcuni stralci di denuncia: la lettera al direttore di Adriano Sella; e i garimpeiros dell’Eldorado nelle parole di Edilberto Sena, che tutti ricordano dopo la lettera in portuliano scritta a tutti gli amici. Segue poi Testamento di Jorge Santiago, messicano del Chiapas, con nota del buon “notaio” Enzo Demarchi, erudito traduttore.
Tra varietà ed inesattezze, chiude il numero la cronaca di Macondo e dintorni che non ha trovato di meglio di ‘sto scribacchino che non conosce la zia Julia.