Riflessione sulle esperienze socio-giuridiche per la costruzione di un diritto comunitario
Nel tentativo di sopravvivenza all’interno dell’indifferenza imposta dal nuovo ordine economico mondiale, le popolazioni emarginate dell’America Latina hanno sviluppato differenti esperienze di resistenza per la garanzia minima della loro riproduzione.
Tali esperienze vanno dal mantenimento o dalla riproduzione di forme primitive di lavoro solidale di sussistenza, attività di lavoro illegale, fino ad iniziative collettive politicamente riconosciute come “alternative” al modello di sviluppo socio-economico ufficiale.
In Brasile, date le sue specifiche caratteristiche, la lotta per la sopravvivenza ha stimolato vari settori della popolazione esclusa a cercare forme autonome di creazione della ricchezza, generando una varietà di gruppi di lavoro e di pratiche alternative.
Queste esperienze non necessariamente modificano il capitalismo, possono finanche facilitarlo, una volta che, sollecitando la creazione di reddito all’interno dei gruppi marginalizzati, si ha una riduzione della povertà. D’altro canto tale fenomeno può servire come segno della nascita di nuove relazioni sociali all’interno del rapporto capitale/lavoro.
Le relazioni giuridiche originate da queste iniziative popolari sono state poco studiate e per questo non comprese nel loro insieme, dai soggetti protagonisti di un “nuovo diritto”.
La solidarietà tra i poveri può essere una delle basi di sostegno della resistenza, nella maggioranza dei casi senza indignazione, alle forme di sfruttamento e di marginalizzazione mantenute dal modello socio-politico-giuridico-economico brasiliano. I poveri sanano creare le loro alternative di sopravvivenza e una propria visione di solidarietà. Praticano relazioni giuridiche di lavoro e sviluppano nuove forme di divisione sociale di lavoro, di “reddito” ecc. culturalmente influenzate, ancora, dalla logica del mercato e quindi capaci di riprodurre al loro interno le stesse relazioni di sfruttamento della forza lavoro esistenti nella società.
Esistono, tuttavia, pratiche alternative, all’interno di una prospettiva di azione solidale, che cercano di proporre e di sviluppare modi più egualitari nella divisione sociale del lavoro, del reddito, e, al tempo stesso, di migliorare le forme di partecipazione alla produzione della ricchezza.
Tali esperienze, avendo caratteristica solidale, sono slegate dalla cultura del lavoro come strumento di sfruttamento, e più vicine all’idea della affermazione e della riproduzione della vita.
Da esclusi a cittadini
Il processo di esclusione di milioni di lavoratori e di lavoratrici disponibili li obbliga a cercare, attraverso i propri mezzi, attività e forme possibili, desiderate e indesiderate, la creazione della razione minima necessaria alla loro sussistenza, colmando così il vuoto che lo stato mai è stato capace di riempire. Trasformare queste persone “scartate” in cittadini e cittadine portatori di diritti e obblighi, generatori delle loro iniziative e costruttori di un progetto di nazione, è il compito di quei “pazzi” che sognano una società più giusta.
Data la diffusione dei fenomeni di corruzione all’interno delle istituzioni governative e per molte altre ragioni, questi lavoratori, parti escluse del modello di sviluppo brasiliano, hanno motivi per non avere più fiducia nelle strutture pubbliche e per rivedere la funzione dello Stato come entità amministratrice dei loro interessi, pertanto cercano altre relazioni che possano realizzare un progetto minimo di vita.
Pertanto l’organizzazione di questa parte sociale “scartata” intorno a progetti alternativi, indipendenti, con prospettive di trasformazione dell’attuale quadro sociale può essere una via percorribile, tanto quanto l’integrazione all’interno dell’insieme delle responsabilità politiche dello Stato per il superamento delle disuguaglianze sociali brasiliane.
Tutto ciò implica il lavoro di costruzione di un’altra relazione socio-giuridica, a partire dalla propria disuguaglianza senza che “l’illegalità e la clandestinità” assumano connotazioni mitiche e passino ad essere impedimento all’avvento del nuovo. Insorgere contro le forme giuridiche stabilite e definitive è un imperativo al perfezionamento dell’esercizio del diritto, che non significa abbandonare le conquiste e i progressi raggiunti dalle legislazioni attraverso dure lotte e neanche disconoscere il valore e la necessità dell’esistenza della legge.
Molti lavoratori e lavoratrici allontanati dal mercato del lavoro formale cercano di provvedere alle loro necessità sviluppando e disseminando innumerevoli attività legali e illegali fino a conquistare uno status di riferimento nella economia informale, già ufficialmente riconosciuta. Come tale, ingloba in forma generica, distinte esperienze.
Quelle poche iniziative progettate e generate collettivamente, definite politicamente, all’interno delle loro potenzialità e limitazioni come alternativa al modello economico escludente, meritano uno sguardo attento. In tali esperienze si può verificare un processo di riscatto del valore sociale del lavoro, una filosofia di valorizzazione del lavoro in quanto realizzazione dell’uomo, a partire dall’autogestione, dallo sviluppo partecipativo e dalla solidarietà collettiva tra i popoli membri.
Dentro la burocrazia: palude o guado?
Le associazioni di piccoli produttori, le associazioni di lavoratori e di lavoratrici prestatori di servizio, le associazioni di consumatori, di piccoli produttori industriali ecc. non sono figlie del caso, ma sono sorte in contrapposizione al modello di cooperativa sperimentato nel paese.
Le organizzazioni di lavoratori e di lavoratrici escluse dal mercato ufficiale hanno registrato significativi passi politici in avanti fino al momento della “necessità” della istituzionalizzazione. Con il trasformarsi in istituzioni giuridiche la burocrazia inizia, spesso, a compiere il suo ruolo di impedire il fiorire delle novità, svuotando il loro contenuto, impoverendo il dinamismo, indebolendo le relazioni umane e solidali, depoliticizzando il lavoro…
Se da un lato l’istituzionalizzazione di queste iniziative popolari è servita molto al rafforzamento della burocrazia, la non istituzionalizzazione stabilisce limiti stretti allo sviluppo delle stesse, che vanno dalle difficoltà nella raccolta di risorse, alla dinamica della relazione con il mercato capitalista formale fino alla propria amministrazione.
Pertanto, la personalizzazione giuridica dell’organizzazione popolare di questa natura dovrebbe servire da elemento facilitatore alla fondazione e alla dinamicizzazione dell’esperienza e non da impedimento. Gli statuti rigidi dovrebbero dar luogo ad una flessibilità adeguata alla realtà di funzionamento pratico di ogni gruppo.
Ciò che auspichiamo è la ricerca di un riconoscimento della legittimazione di un lavoro che possa incanalare il rafforzamento della società civile, della popolazione e in modo speciale degli esclusi a partire dalla formulazione di una nuova cultura dei diritti umani.
Il moltiplicarsi di queste esperienze, il loro sviluppo, può contribuire alla creazione di meccanismi di conoscenza e di controllo degli atti della amministrazione pubblica; contribuire alla costruzione dell’autodeterminazione dei lavoratori, delle lavoratrici, della società e anche alla umanizzazione delle relazioni sociali e politiche, che garantiscano l’esercizio di una degna attività pubblica.
La possibilità di creare dei collettivi di lavoratori liberi e solidali può significare un cambiamento radicale nelle relazioni “schiaviste” conservate dalla élite brasiliana ed indicare nuovi parametri e paradigmi per le relazioni economiche e di lavoro.