Onore ai soldatini vigliacchi
Quando Amelia – quattro anni e mezzo e alcuni recenti
successi al suo primo corso di nuoto – deve affrontare la vasca da bagno
oppone una fiera resistenza. Si apre quindi un lungo contenzioso con
mamma e papà. Amelia si dimostra un “osso duro” e risponde colpo sul
colpo ai tentativi di accerchiamento. La sua risposta preferita è un
chiaro e secco: “Non è vero!”.
Ad esempio. Non è vero, come i
genitori vorrebbero farle ammettere, che esista una perfetta identità, o
almeno una qualche somiglianza tra la piscina e la vasca da bagno.
Anzi, a parte l’acqua (e Amelia ci fa anche notare che in piscina
l’acqua è tanta, mentre nella vasca è poca), la piscina è decisamente
“un’altra cosa”. Su questo punto Amelia esprime un convincimento, per
così dire, inaffondabile.
Battuti alla scuola di dialettica, i
genitori ripiegano su un argomento più classico ma che almeno ha il
pregio – ai loro occhi – di essere incontestabile. “Non vedi come sei
sporca?”. Cosa potrà obiettare Amelia davanti all’esibizione delle
prove: mani nerissime, avanzi di colore sulla faccia, strane carte
geografiche sulle braccia, capelli color topo, piedi formaggiosi?
Ebbene,
contro ogni evidenza, Amelia contrattacca. Sì, ammette di essere
sporca, ma non “abbastanza sporca”. Non abbastanza per meritare un
bagno. Un bagno che si può benissimo posticipare: dopo, domani, un altro
giorno. Anche perché Amelia ha in mente altre e più importanti
priorità: guardare un cartone, giocare con le bambole, telefonare alla
nonna, andare a trovare i cugini.
***
Quando,
alla fine, Amelia si ritrova nuda e insaponata – è chiaro che con i
grandi bisogna perdere qualche battaglia – sembra dimenticarsi delle sue
mille obiezioni. Subito dopo troverà il modo di divertirsi anche nella
vasca da bagno, e vorrà rimanerci per sempre, e ne verrà estratta solo a
viva forza.
Adesso, avvolta nell’asciugamano, è di nuovo
arrabbiata. Forse avrebbe qualcosa da dire sulla coerenza dei suoi
genitori. Meglio non indagare.
Bisogna rivestirsi. Ad Amelia torna il
sorriso. Si mette un dito sulla pancia nuda e, canticchiando la ballata
rap di Lorenzo Cherubini, sentenzia: “L’ombelico del mondo…”.
Primo commento: non è facile fare il bagno ad Amelia.
Secondo commento: non è facile intendersi tra grandi e piccoli.
Piccola
morale: non è facile il dialogo tra due ombelichi. L’ombelico di Amelia
e l’ombelico dei genitori di Amelia. Perché ogni ombelico è al centro
esatto di un mondo. Esprime una soggettività, una identità, un desiderio
che non può essere ridotto al “tuo” desiderio, alla “tua” identità,
alla “tua” soggettività.
***
Non
è chiaro, anzi è fortemente dubbio, se il mondo abbia – oggi, mentre
finisce il millennio – un unico, vero e riconoscibile ombelico.
Per
le pagine economiche, sembrerebbe Wall Street l’ombelico dell’economia
mondiale. Se la borsa di New York sale, salgono anche le altre borse. E
viceversa.
Peccato che Wall Street sia stata di recente fortemente
influenzata dalla storiella a puntate tra Clinton e una giovane
stagista. Forse l’ombelico del mondo corrisponde esattamente
all’ombelico di un presidente degli Stati Uniti “incontinente” e
bugiardo?
Può essere. Ma tutto sta se l’opinione pubblica americana,
cioè se l’ombelico di 250 milioni di americani si appassiona alla
storiella, ovvero si dimostra stanca di riascoltarla per l’ennesima
volta.
Visto che nelle ultime elezioni americane (poco più del 30% di
votanti) i Democratici non sono crollati, hanno anzi guadagnato 5 seggi
alla Camera a spese dei Repubblicani (un’inezia), forse Clinton è salvo
e riuscirà a finire il suo mandato. Quindi, il dollaro respira. Quindi,
Wall Street riprende a salire. Quindi, lo spettro del crollo dei
mercati si allontana.
***
Quindi,
non esistono sostanziali differenze tra il funzionamento dei mercati
mondiali e il fenomeno collettivo che ha “costretto” milioni di italiani
a far la coda davanti alle ricevitorie del Superenalotto.
Aggiudicati
salomonicamente i 62 miliardi ad un intero paese, la corsa non accenna
ad esaurirsi. Già sono allo studio nuovi giochi e succulenti
super-super-premi.
Che ci sia sotto qualcosa di sporco? È naturale che qualcuno nutra qualche dubbio sulla correttezza del gioco.
Io
non mi preoccupo e, quando mi ricordo, gioco le mie 1.600 lire. Non
vedo cosa ci sia di male a fantasticare su come diavolo farò a spendere
tutti quei soldi che prima o poi mi pioveranno addosso.
Mi preoccupa
invece che le prime pagine dei giornali, e le aperture dei telegiornali,
siano interamente devolute a questo nuovo sport nazionale. Ma come, non
è successo nient’altro nel mondo?
Mi preoccupa, anzi mi fa
rabbrividire, che nessuno si preoccupi che l’economia ed i mercati
mondiali funzionino come il nostro Enalotto. Il fatto cioè di essere
governati dall'”Effetto domino” che significa, in sintesi, essere in
balia dell’assoluta casualità.
È già successo con alcuni paesi, con
le cosiddette e ormai ex “tigri asiatiche”. Interi stati, milioni di
uomini e di donne di buona volontà (e i loro risparmi, progetti, sogni)
possono essere distrutti nel giro di due giorni. In barba, anzi spesso
con la complicità dei cosiddetti organi di controllo dell’economia
mondiale.
Ma, dico io, non ci sarà sotto qualcosa di sporco?
***
Pinochet,
83 anni suonati, pensava di averla scampata per sempre. Peggio, era
tanto convinto, e tanto sinceramente, di essere stato un Grande Statista
e un Salvatore della Patria, che usava paragonarsi a Napoleone e
aspettava con ansia di essere meritatamente inserito tra i manichini del
museo delle cere.
Probabilmente – nonostante un coraggioso e
spregiudicato giudice spagnolo, e nonostante il coro delle voci dei
torturati e dei parenti delle vittime che si sta levando da ogni angolo
del mondo – il generale torturatore tornerà a casa e scamperà il
processo e la galera.
Ma non potrà dimenticare le urla di chi chiede
giustizia. Se riuscirà ad addormentarsi, il sonno non gli porterà corone
d’alloro ma incubi di sangue.
Dopo Pinochet, comunque finisca,
speriamo che qualcuno sollevi la foglia di fico di una giustizia che si
ferma sui confini degli Stati Nazionali, che lascia impuniti i crimini
contro l’umanità per basse ragioni di politica interna o di amicizia
commerciale tra “Nazioni sorelle”.
***
In
un paese di montagna, austriaco prima del 1918 e oggi italiano, ci sono
due piccoli cimiteri militari. In uno dormono i “fanticini” italiani,
nell’altro i coetanei che combatterono per l’Impero Austroungarico. È
passato tanto tempo: i visitatori, dell’una e dell’altra parte, si
contano ogni anno sulle dita di una mano.
In quel paese di montagna
c’è però un unico monumento ai caduti della Grande Guerra. Sul basamento
ci sono due semplici liste di nomi. Non è però facile capire a prima
vista quali siano i “nostri” e quali invece gli antichi “nemici”, perché
nomi e cognomi, tedeschi ed italiani, ricorrono e si rincorrono in
entrambe le liste.
Il premier francese Lionel Jospin – è notizia di
questi giorni – ha riabilitato le migliaia di disertori francesi del
’15-’18. Si erano rifiutati di gettarsi allo scoperto e di andare a mani
nude contro il fuoco delle mitragliatrici. Furono fucilati dai loro
comandanti come codardi e disertori. Carne da macello, in ogni caso. E
per una guerra che nessuno di loro – né gli eroi né i disertori –
avevano scelto.
Anche in Italia c’è qualcuno che pensa di ridare
l’onore a non meno di 10.000 fanti fucilati come disertori da ufficiali
che preferivano stare nelle retrovie.
Sarebbe giusto. E sarebbe
giusto riscrivere tutti i nostri monumenti ai caduti. Mettendoci i nomi
di tutti i morti: dell’una e dell’altra parte, quelli caduti sotto il
piombo nemico e quelli uccisi dai plotoni d’esecuzione. E cambiare la
scritta:
“La patria si è sbagliata.
Chiede scusa a tutti per l’orrore della guerra”.