Macondo e dintorni

di Farinelli Gaetano

27 marzo 1997 ­ Sono tornate le rondini. Giuseppe, Enrico, Gianni si incontrano in quella che ancora sarà, per breve tempo, la sede provvisoria di Macondo per preparare i campi scuola per giovani e ragazze. Siamo al secondo esperimento di formazione; la macchia si allarga dal sud al nord, fino a Lorenzago e Santa Maria di Leuca, passando per il Po, attraverso il ponte, o le barche o le chiatte, ancora senza pedaggio. I destinatari sono i giovani dai diciotto ai venticinque anni. Il metodo è quello attivo che parte dall’esperienza dei partecipanti, per poi proporre testimonianze di relatori sul tema proposto. Quale tema? La solidarietà, che nasce dalla conoscenza del tempo e del luogo di vita, nel quale formare la coscienza che si consolida nella relazione, e si dispone al caso senza esserne travolta. T’ho incontrato per caso, ma non t’ho amato per forza. L’altro tema è: In cerca d'ali'', che aveva aperto la stagione lo scorso anno. Siamo in settimana santa e le campane suonano gli ultimi rintocchi; ai bimbi si dice che poi le legano, sostituite da un arnese di legno e ferro che si chiamatrea”, dal suono fesso e stonato.
1 aprile 1997 ­ Villa del Conte. Incontro di Giuseppe in casa di Mario Zatta con giovani e amici del medesimo. Giuseppe parla di Macondo; e tu mi dirai che l’argomento ormai è vecchio. Pure, Macondo sei tu, che ora mi leggi ed io che ti scrivo e manco so chi tu sia e che cosa bolla dentro di te. Ma so anche che sul tuo volto c’è qualcosa di nuovo, anzi di antico: il rabbuffo della vita. Siamo ancora in clima pasquale, e i bimbi piangono la trea, che li divertiva con il suo suono malinconico.
3 aprile 1997 ­ È arrivata la primavera, con il sole ed il caldo; si spalancano le finestre; nelle case chi può dà il bianco, e chi non può si imbianca. E’ aperta l’iscrizione all’album degli imbianchini; se n’era iscritto uno dal nome scuro, quasi bruno'', che è stato collocato in prova. Ora si allungano le code dei nomi anche se di imbianchini colorati a pastelli.

4 aprile 1997 ­ A San Donà di Piave, Alberto Camata organizza un incontro con Mario Bertin, che parla del suo ultimo libro. La lettura di alcune pagine, i ricordi dell'incontro con João che si solidificano nelle pagine, a loro volta si sovrappongono alla realtà e la rafforzano e raccolgono l'attenzione di un numero imprecisato di amici. Chi parla di quindici come nella canzone dei corsari, chi di sedici, perché sono gli ultimi dell'adolescenza. Un'adolescenza amara quella dei ragazzi di strada, che non conoscono il tepore di una carezza, ma solo l'odore acre, pungente, del selciato su cui sono costretti a dormire e camminare raminghi, senza futuro. Stesso giorno, congresso Filca ad Udine. Cosa ci sia andato a fare Giuseppe, non lo so. Al ritorno si è fermato dalle suore del Carmelo del Friuli, che anch'io per dovere di cronaca ricordo di aver frequentato, quando ero più giovane. Ha ritrovato alcune suore, non tutte. Sempre attente al tempo degli uomini che passa dentro il tempo di Dio.

5 aprile 1997 ­ Incontro nella Parrocchia di San Pio a Cattolica suIl lavoro” con il Consiglio Pastorale. Poi a cena con gli amici a Rimini. Non era una cena di lavoro, e neppure di Amarcord. Giuseppe che a suo tempo ha lavorato in fabbrica ed ora nella formazione sindacale (perché c’è un tempo per lavorare, un tempo per pensare, ed un tempo per parlare) ha parlato del cambiamento all’interno del settore produttivo, i nuovi interessi che questo suscita in chi vi opera, ed il rapporto con la vita della comunità cristiana, che non dovrebbe solo benedire il lavoro, ma starci accanto o forse dentro.
6 aprile 1997 ­ Domenica. Ad Ancona, Patrizia e Tonino Bori portano al fonte battesimale il loro terzo rampollo, un maschio, dove li attende devoto Giuseppe per il battesimo. Guardano i bambini la scena, e attendono i trilli del bambino con la bocca aperta, a volte silente, a tratti gorgheggiante. Nello stesso giorno in quel di Cavaso, nella parrocchia di Caniezza, il Vicario della diocesi di Treviso scende dal suo cavallo bianco per imporre la cresima ad Ivan (Denissovic) della famiglia dei Geronazzo, discendenti forse del Geri Spina di boccaccesca memoria. Gli stava allato, tenendo la mano sulla spalla il padrino (qualcuno avrà visto la cassetta di Al Pacino) Gaetano, che veniva bonariamente redarguito dall’impositore a ricordarsi del compito severo di educatore accanto ai genitori. Alla fine delle due cerimonie, i convitati (a distanze compatibili) si sono lanciati con flemma sui panieri, all’interno dei quali, se non aveste ben fatto l’inventario è difficile scoprire l’originale. Ma questi rinfreschi sono troppo lunghi, dicono gli austeri Catoni. Che intanto s’abbuffano scontenti. Un organetto tratto fuori dall’ombra della memoria ha accompagnato un cantante stonato, rallegrato una soffitta opaca e fatto danzare le note di uomini un tempo famosi. Ansimava l’organetto sotto le dita agili dello zio di Ivan. Forse Tonino lontano, sull’onda dei ricordi, scorreva sul piano una mazurca di Chopin. Per favore non è il caso di battere le mani: sarebbe in ritardo.
9 aprile 1997 ­ A Pieve di Soligo gli amici accompagnano assieme al fratello ed alla madre verso l’ultima dimora Remo Lorenzon, sindaco di Soligo, vittima di un incidente su strada. Siamo abituati alla morte perché ogni giorno sbuca fuori dai giornali e dalla TV. È amara la morte perché si confonde dietro l’immaginario. È sorda la morte perché non risponde ai nostri singulti. È definitiva la morte e tu non torni; e pure si ripete la sequenza come su di un nastro. Di asfalto nella nostra fantasia.
10 aprile 1997 ­ Nel distretto Socio Sanitario di Asolo la Direzione Didattica ha organizzato una serie di incontri sul tema Società senza frontiere. Gli incontri erano indirizzati ai genitori. La presenza è stata generalmente femminile, ad esclusione del relatore che è sempre stato maschile. Non ne conosco la ragione ultima, ma forse una delle cause è che l’uomo demanda alla donna l’educazione dei figli. I tre giovedì sono stati scanditi con L’altro lo stai a sentire?, L’altro è un nemico? e finalmente una pausa di conversazione su Io e l’altro, che non è l’abbreviazione del famoso film degli anni sessanta Io, io, io, e, gli altri, in cui ancora l’io faceva la parte dell’orco. Il programma era illustrato da una favola di Rodari, che la Fulvia deve aver scovato nei suoi quadernetti delle elementari: Uno e sette, due numeri che indicano l’unità e l’espansione indefinita. Dopo il muro di Berlino cadranno anche le mura di Asolo, quelle interne naturalmente? Io sto a badare alle mie, ed aspetto con tremore da un momento all’altro lo squillo delle trombe di Gerico.
11 aprile 1997 ­ In una sala di Pove il gruppo giovani di Macondo ha organizzato un incontro con il dottor Carmine di Sante, teologo del Sidic (Ser­ vice International de docu­ mentation judeo­chretienne) di Roma. Il titolo della conferenza era piuttosto lungo: proponeva il tema della solidarietà''. Casuale l'incontro con l'altro, ma poi intrigante e vincolante per sempre; è colui che incontri per strada, la tua, come il samaritano sulla via di Gerico: che incontrò quel povero diavolo, lo mise sulla sua roulotte, lo portò alla prima pensione pulita e lo affidò in consegna alla padrona del motel: pare che poi diventassero amici, ma continuarono a pregare in luoghi diversi, un dio che fa i turni per ascoltarci tutti, in tante chiese. Alberto che veniva da San Donà per ascoltare Carmine di Sante, a causa delle cattive indicazione di un esperto cartografo e del controspionaggio non ha trovato la sede; incrociato da fari spenti nella notte da un anonimo anagrammato, che non è riuscito a farlo rientrare in sé, Camata si è dileguato tra le sacche del Veneto opulento, inseguito dalla cometa, che non si vede più da quando la TV più ne irradia la notizia. Nella stessa notte, a San Zenone degli Ezzelini, Mario Bertin presso l'auditorium comunale affrontava il tema L'impotenza della solidarietà in un incontro organizzato dal Comune e dal Comitato di Gestione della Biblioteca. L'argomento è provocatorio per noi abituati a pensare che i nostri soldi e le nostre risorse tecniche sappiano risolvere i problemi dell'umanità. Il viaggio tra i meninos di Rio con impennate di speranze e cadute nel baratro della solitudine, pare cambiare questa presunzione in nuova ricerca di relazione e di incontro. Organizzato dagli amici di Padova, tra tutti ricordo Monica, Mario presenterà il suo libro all'interno di una libreria lunedì 14 aprile dello stesso anno: al telegrafo sto aspettando dal ripetitore del monte la cronaca dell'incontro; ma forse mi conviene aspettare sul fax; a meno che non sia andata perduta nella posta italiana (la cronaca, naturalmente). Discreto il numero dei presenti. Esaustiva l'introduzione della Monica; suggestiva la presentazione del libro da parte del docente di cui non ricordo il nome, Giuseppe e Mario Bertin per ultimo hanno ripreso in termini diversi la riflessione sui Meninos de rua. Forse volevi anche per loro un aggettivo? definitive.

18 aprile 1997 ­ Arriva in aereo dal Brasile Maria Stoppiglia. Sarà con noi anche alla festa di Giugno. Non siederà secondo costume tra i relatori. Non siederà tra gli angeli di Dio, perché non è ancora tempo. Sono ormai otto anni che tiene la casa aperta agli italiani, e ne sono passati tanti. Altri itinerari ora fanno concorrenza al Brasile, il Messico per esempio. Quelli sulla luna meno, per via degli inconvenienti tecnici. Nel giro di poco tempo cambiano gli interessi, ma noi manteniamo fermo quello dello scambio di culture e della solidarietà. E, per intanto, la casa resta aperta. 20 aprile 1997 ­ A Cavaso continua l'attività di formazione per animatori condotta da Giorgio Geronazzo coi due paladini Chiara e Baldassare. Giuseppe Stoppiglia ha coniugato l'argomento deGli stili di Animazione” con una quindicina di ragazzi e ragazze. L’incontro successivo sarà tenuto su La Comunicazione'' dalla Lina Sandri con tredici ragazzi in data otto giugno. Gli incontri sono stati intensi, ed i partecipanti interessati. Purtroppo rilevante il numero delle defezioni, dovute al ricorrente straripamento del fiume Motivazione rotto all'altezza di..., o forse all'abbondanza di pesce del laghetto artificiale Chipiùdime, che hanno impedito l'accesso alla sala dei pensieri. L'esperienza resta comunque positiva anche perché la necessità di formazione è un fatto evidente (postulato di Andovesbattolatesta). 2 maggio 1997 ­ Massimo Minichiello, con alcuni indigeni di Villaverla, è partito per l'Ecuador alla ricerca di amici che si sono persi nel deserto di Solidariedad. Credo che rientreranno in patria da soli, sotto le feste di Macondo, senza riuscire a strappare gli amici dal miraggio che quel deserto farneticante produce: la convinzione cocciuta di aver scoperto assieme agli abitanti della zona una strada o un sentiero o forse solo un filo di lana. 3 maggio 1997 ­ Battesimo di Lorenzo a Castelbolognese. Un'ala di colomba sfrecciando ha lambito l'acqua della pila santa. Anna era commossa; a Giuseppe tremava la mano. L'aria era vibrante. Gli astanti presenti commossi.Io ti battezzo”, diceva il Battista; ed accanto la nonna in farsetto: atenti chel siga'', anticipava profetica. Non si aprirono i cieli, ma l'è stata una bella festa, senza botti e coriandoli, tra ricordi, abbracci e scommesse sul futuro. E pare che abbiano puntato sulla ruota della Città del Sole. Le allusioni al Solecheride sono pretestuose. 6 maggio 1997 ­ AlDon Mazza” di Verona, per interessamento di Tomas, sul tracciato delle iniziative dell’Istituto, è stato invitato Giuseppe Stoppiglia sul tema Strategie dell’incontro culturale. Il gruppo compatto si è raccolto attorno ad una grande scacchiera per individuare i punti di forza del grande balzo. Le barriere, i fossati, i portoni possono essere scardinati; e lo scacco possibile, ma presuppone acume e costanza. Alla fine il relatore non ha concesso agli astanti tregua alcuna. Perché la strada è lunga ed il sole declina.
9 maggio 1997 ­ Partono per l’Australia, dalla quale torneranno solo il ventisei di maggio, tutte le sorelle ed il fratello della famiglia Stoppiglia, per raggiungere la sorella Lidia che vive a Melbourne. In ordine: Giuseppina, Adriana, Giuseppe, Maria, Flora, Giacomina. Si sposa l’ultimo nipote, Daniele, quello più giovane. Vedranno il sole australe, e respireranno il vento dell’Oceania. Percorreranno in lungo la terra dei canguri e si immergeranno nelle acque limpide delle barriere coralline. Niente li potrà fermare, neppure la commozione, perché hanno un cuore preparato alle intemperie. L’ho voluto inserire in questo stralcio di cronaca, perché non è comparso nella stampa internazionale e neppure nei diari di bordo. Ne danno conto solo le riprese di alcuni cineamatori, che non sempre sono oggettive ed imparziali.
12 maggio 1997 ­ Alla sala delle feste all’ospedale dei Colli, don Gianni Gambin conclude il ciclo delle conferenze organizzato dal gruppo di Padova con Teologia della liberazione: note a margine; tema impegnativo, e mi piace la postilla di “note a margine”, che insieme indica la modestia del relatore, ma anche un percorso di ricerca e l’atteggiamento di chi non ha una verità definitiva, perché tenta di dare risposte alla vita, alla gioia ed al dolore, alla fame ed alla ingiustizia. Ritorna il Dio dell’Esodo, che noi abbiamo dimenticato perché troppo partigiano, per dipingere un dio in bilico sulle nuvole che fatica a sparare le sue folgori, ma soprattutto a porgere la mano alla moltitudine senza capo.
20 maggio 1997 ­ Leggo su di un volantino giallo ocra: Gruppo Macondo Valbrenta organizza incontro con Dora Sea colombiana sul tema Voci di donne in America Latina. Fuori minaccia temporale; e dentro il teatro si scuotono le quinte sul palco. Sea lavora al centro Pacha Mama, la madre terra che alimento l’uomo, ma che insieme chiede rispetto; in una terra grande come la Bolivia, con pochi abitanti è assurdo che ancora si viva nella penuria di cibo e di libertà. La sua attività consiste anche nell’alimentare nelle donne boliviane la coscienza della loro dignità, spesso soffocata da abitudini, diventate col tempo quasi una seconda natura.
23 maggio 1997 ­ Borgo Valsugana. Nella biblioteca comunale Adelaide Barbosa, che proviene da Rio de Janeiro, si intrattiene con un gruppo di locali per raccontare l’attività che il CCAP (Centro Coopera­ tivo di Attività Popolari) svolge nella favela di Manguinos, Lagartixa, Pedreira e Osvaldo Cruiz. E’ una occasione per riprendere il significato di solidarietà e di scambio tra i popoli, che non può ridursi ad elemosina per sedare i sensi di colpa, ma deve essere respiro ampio di vita e ripresa di fiducia nell’uomo. Adelaide resta in Italia fino al diciassette di giugno. Sarà presente alla festa nazionale di Macondo. La prima ospitalità è presso la casa di Fabio che ha abitato nella favela di Manguinos per un anno, e attualmente vive con Alessandra proveniente dal Brasile. All’incontro era presente anche il cronista inaffidabile. Domani, sabato, diversi gruppi di Borgo, che fanno riferimento a Fabio, allestiranno una festa per raccogliere fondi per la Banda Dudu Abà, che fa parte del programma di formazione del CCAP.
27 maggio 1997 ­ Il presidente di Macondo assieme alla redazione di Madrugada e al coordinatore della festa nazionale si incontrano con la stampa e la televisione locale di Bassano in località segreta per presentare il programma della festa e le linee generali dell’associazione. La sera sulle TV locali si irradierà come per incanto la notizia che farà il giro dei colleghi ed oltre, soave come la brezza del mattino, dolce come il miele, e forte come la tempesta. Scusi, ma la festa dov’è?
30 maggio 1997 ­ Funerale di Roberto Zagni, morto tragicamente. Lascia la madre Rosanna, il padre Alfredo, ed un fratello di lui più piccolo. Non ha potuto, non ha saputo fermarsi oltre la soglia dei vent’anni. Inutile il tentativo del padre di strapparlo alla morte, divenuta per Roberto l’ultimo riflesso in cui cercare il suo volto. Quando passa l’angelo della morte la nostra fronte si incupisce nell’aridità dell’inerzia, ma ci resta l’incarico di scavare oltre, nel pozzo profondo, a cercare l’acqua che sgorga ora dolce, ora amara. La bara è stata tumulata nel cimitero di montagna della sua terra.
31 maggio 1997 ­ Nella cittadina del Giorgione si riunisce nella casa di Antonello (che non è il pittore A. da Messina) la redazione di Madrugada, per impostare il lavoro dell’anno. Si parla in termini programmatici dei contenuti della rivista, che ad oggi è cresciuta in modo spontaneo. Si riprende l’idea di un convegno annuo organizzato dalla rivista Madrugada. E ancora si rinnova l’abito della rivista, elegante e sciolto come si addice al caldo estivo. E se avete messo occhio alla seconda di copertina avrete notato la fila di nomi che ad oggi hanno collaborato alla rivista.
1 giugno 1997 La festa nazionale di Macondo. Come nelle grandi opere, o anche nelle piccole, prodotte però da deboli forze, anche il cronista disinformato chiede aiuto per scrivere ciò che mai fu scritto. All’uopo ruba parole, scopiazza incisi da Toni che Cortese mente concede a futura gloria. Quando la sera gli operai smontano il palco e raccolgono i tavoli trovano quattro spiccioli di sole e mille abbracci che qualcuno ha deposto sbadatamente in un canto, convinto di poterli ritrovare nella prossima festa. Partiamo dai numeri: la sala dell’incontro al mattino era al massimo della sua capienza; qualcuno dirà cinquecento, altri seicento. Durante il giorno il porticato antistante la sala, lo spazio dei tavoli delle Associazione, è stato sempre gremito di persone che strusciavano accalcate e sorridenti: a sentire i venditori di birre che sempre lamentano l’inconveniente repellente, sono passati sotto il palco migliaia di persone, senza contare i bambini ed i loro angeli protettori. Ora veniamo al luogo: attorno al tavolo della grande sala siede Maurizio Chierici, giornalista del Corriere della Sera; coordina le testimonianze degli invitati, che in ordine sono: Pedro F. Miguel, scrittore e filosofo bantù: nel rispondere alla domanda fattagli da Chierici sui rapporti tra Europa ed Africa ha insistito , senza retorica, ma con semplicità e chiarezza, sul fatto che l’Europa forte della sua cultura e con una considerazione pressoché assoluta di essa, non ha saputo identificare l’Africa, la sua cultura, i suoi valori, i suoi bisogni. Segue l’intervista di Lucio Flavio Pinto, giornalista brasiliano e perseguitato politico; in breve egli racconta la sua vicenda che si interseca con quella del suo paese. Collaboratore del giornale più diffuso nel suo stato (il Parà) si è reso conto, anno dopo anno, che in Brasile le famiglie che contano veramente non sono molte, e la loro potenza valica i con­fini del paese, essendo collegate con gli interessi di gruppi economici di altri paesi. Una di queste famiglie ha la proprietà del giornale in cui scrive: viene quindi licenziato, e ora vive con un parziale incarico universitario; più tardi verrà querelato (sto rubando a piene mani dalla cronaca di Toni) e non troverà in tutto il Brasile un avvocato che lo difenda. Nonostante la condizione sua precaria continua a battersi per difendere con sé anche la sua terra di Amazzonia depredata nelle sue ricchezze, che sono la vita degli abitanti suoi. Segue poi la testimonianza di Esmeralda Negrete che ha conosciuto le sacche di povertà del suo popolo nel Chiapas, esercitando la professione di fisioterapeuta. Adesso, pur continuando a Città del Messico la sua attività di docenza, dedica parte del suo tempo di ferie tra gli ammalati poveri del Chiapas. Ed è qui che ha conosciuto la figura di Samuel Ruiz, uomo di Dio, che condivide con il suo popolo le paure e le speranze; la lotta e la pace. Ancora a parlare resta Adelaide di Rio de Janeiro, che il narcotraffico ha reso vedova, e che ora lavora nel Centro di Cooperazione (CCAP) per guadagnarsi da vivere nell’amministrazione della ditta di trasporto della Cooperativa, ma insieme per lavorare con un gruppo di ragazzi di favela alla ricerca dell’uomo, o forse meglio alla costruzione di quegli uomini, che sono i quarantacinque ragazzi della banda Dudu Obà. Maurizio ha rivolto a Gherardo Colombo, giudice, la domanda sulle condizioni in cui naviga oggi la società italiana nella rotta della legalità e della mafia. Colombo ha mostrato fiducia nel futuro nonostante la violenza con cui la malavita reagisce alle inchieste ed ai processi: ora la gente è più attenta al fenomeno mafioso, ed il futuro può essere migliore. Importante che i giovani conoscano se stessi e gli altri; importante il ruolo della scuola accanto alla famiglia, che non può da sola affrontare tali problemi; importante l’esempio di quanti hanno lottato quando farlo era una pazzia, o quanto meno un non senso il farlo. In proposito ha ricordato il giudice Ambrosoli, che si trovò solo a seguire il caso Sindona sul versante finanziario, cosciente che la sua attività lo avrebbe portato a morte. Ma a che serve la vita se non la si vive? Che senso può avere quando si sopravvive ai propri tradimenti? concludeva Colombo. Da notare che la platea ha seguito attenta fino alla fine le testimonianze. Ci sono stati quattrocentocinquantamila battimani; sono stati usati ben quattrocento fazzoletti per asciugare lacrime di emozione. I bambini sono stati richiamati durante le testimonianze solo quattro volte, compresa quella in cui una madre doveva allattare il figlio di undici mesi. Due porte in legno regolavano l’afflusso; nessuno è uscito o entrato per la finestra. C’era un fotografo ufficiale; alcuni inviati di giornali e TV locali ed un tecnico audio. Non è sfuggita una parola, a futura memoria. Alcuni fotografi abusivi hanno scattato foto, che poi non si son potute sviluppare. Altra testimonianza è quella della Giacoma Canizzo sindaco di Partinico, un grosso centro della provincia di Palermo, che ha parlato della presenza della mafia: un esempio clamoroso è quello dell’occupazione di terreni di proprietà di cittadini di Partinico da parte di mafiosi. Più volte i cittadini hanno lanciato l’allarme all’amministrazione comunale e questa al Questore ed alle forze di polizia, che per tutta risposta hanno detto loro: «Fate fare denuncia da parte dei cittadini lesi!»; consiglio inutile, tra l’altro. Un mese fa la Gigia (così la chiamano gli amici) ha subito un attentato. La sua macchina data alle fiamme. E continua nel suo mandato. Ogni testimonianza dei relatori presenti è stata introdotta e sollecitata da Maurizio Chierici, che ha dimostrato grande professionalità, ed ha reso vivace quanto poteva essere utile, ma lento e noioso. Alla fine delle testimonianze si è intonata una preghiera ecumenica, cui hanno partecipato quelli della Comunità Bai; e padre Arnaldo che ha ripreso e rappresentato un brano di Geremia, cui il signore invita di rompere la giara, che è stata spaccata in frantumi durante la rappresentazione, per indicare lo stato in cui si trova l’umanità. Sotto il porticato avresti incontrato tavoli e banchetti di provenienza diversa; venditori di libri; di dolci e di oggetti esotici; magliette colorate, e scritte vuoi spigliate vuoi serie. Tra i tavoli qualcuno ti avrebbe sicuramente chiamato, e tu ti saresti fermato ovunque. Nel tardo pomeriggio, mentre la gente si attardava pigra e tarda sotto il grande porticato senza colonnato, come invece avrebbe voluto il Bernini, una scossa di musica dell’altro mondo, da non confondere con quello dei più, scovata nel ventre della terra dai Berimbao e dall’African Ballet ha concluso una giornata indimenticabile: ma tu c’eri? Ed allora perché me la fai raccontare tutta? Che dire poi del nostro Alberto Bordignon, che ha tenuto botta tutto il giorno, e di chi teneva il servizio d’ordine, e delle tante associazione che hanno collaborato; e del gruppo alpini che ci ha ammannito il pranzo, e il comune di Romano che ci ha concesso lo spazio, e fratel Raffaele sempre attento e disponibile? che dire dei bambini che non hanno pianto e di quelli che vi siete trovati mille volte sotto i piedi, ma non avete mai schiacciato? Beh! Dite solo che l’utopia è la risposta ad un mondo in agonia. ( cronaca nata dalla cronaca di Toni, per contaminazione).
2 giugno 1997 ­ Dopo la festa i santi sono rimasti ancora con noi, che non li abbiamo collocati in cantina, ma sono stati ospiti presso gruppi, associazioni, istituzioni. Oggi, lunedì, Monica Ruffato ha predisposto un incontro all’Università di Padova con Pinto, Esmeralda e João Ozuna. Hanno parlato dei loro paesi e della loro esperienza. Pinto era accompagnato ancora dal traduttore ufficiale Franìçois Turcotte che magistralmente aveva tradotto anche nella giornata di domenica. Molti gli studenti e i docenti. Adelaide nello stesso giorno incontrerà a Caniezza la COCA e alcuni esponenti del mondo giovanile per parlare della sua attività in Favela. Gli altri incontri di Adelaide saranno a Resana, dove Fausto ha convocato vari gruppi ed ha raccolto circa settanta persone; c’erano anche una suora di Sao Paulo ed una giovane donna di Manaus, sposata ad un italiano. Andrà poi a Modena con un calendario di incontri e di emozioni intenso: a volte gioioso, a volte drammatico; di seguito a Villaverla e poi di nuovo a Borgo Valsugana ospite di Fabio. Partirà per il Brasile il diciassette di giugno. Pinto invece sarà ospite ad Onara di un gruppo di giovani; poi sarà a Verona al matrimonio di Romeo e Giulietta: per meglio dire, a quello di Anna, figlia di Viviani, con Marco. Un’occasione per visitare la città, che Lucio ama tanto. Andrà poi in visita a Parma da Maurizio Chierici, e di qui a Firenze. Poi dovrà rientrare a Belem di fretta a causa di una procedura processuale contro lui intentata. Noi lo speriamo per il futuro ancora ospite della nostra terra. Esmeralda invece sarà ospite del gruppo di Pove con cui in termini colloquiali si è intrattenuta a riprendere i fili della sua esperienza in Chiapas. E’ passata pure per Modena ospite di Alessandra ed Alessia ed ha preso contatto con alcuni medici dell’ospedale. Per allargare l’attività di intervento solidale in Chiapas ha fatto un gemellaggio tra l’ospedale di Modena e l’ospedale di Altamarano in Messico dove lei lavora. A Rocca Santa Maria si è incontrata con il gruppo Macondo e la comunità locale.
4 giugno 1997 ­ Maria Stoppiglia riprende servizio nella casa di accoglienza Gianfranco del Giovane in Grajaù. A quanti sono interessati al Brasile ricordiamo che la casa resta ancora aperta e disponibile.
14 giugno 1997 ­ Berti Chiara e Stefano Medea si sposano. Credo si siano conosciuti alle elementari; e sono sposi dopo la laurea. Voleranno in luna di miele verso il Brasile. Piove sulle tamerici e sui volti silvani. Sul capannone e sul campanone. Chi camuffa le lacrime si asciuga sotto la pioggia. La sposa è inciampata sulla pedana che la portava all’altare; un bambino le ha fatto dono di un fiore. Stefano invece l’ha baciata, ma solo dopo il matrimonio, che certe cose ai nostri tempi non si facevano. Il celebrante ha fatto parlare tutti, e quasi dimenticava la formula del rito matrimoniale. Tanti auguri ed una corona di figli virtuosi, non virtuali.
17 giugno 1997 ­ Il giornalista Lucio Flavio Pinto, che molti hanno conosciuto durante la festa di Macondo, ha ricevuto per la sua attività di denuncia in Brasile di situazioni di ingiustizia e di rapina il premio prestigioso Colombe della Pace, che gli sarà conferito in Campidoglio il 3 luglio. È un riconoscimento che premia la sua attività, ed è anche per Macondo un motivo d’orgoglio. Un ringraziamento particolare va a Maurizio Chierici che ne ha proposto il nome alla giuria di assegnazione. L’Utopia si costruisce anche nel punto in cui le persone si riconoscono.