Macondo e dintorni
Non è facile scrivere questa cronistoria, un poco perché mi devo affidare a ricordi altrui ed un po’ per l’intensità emotiva che alcuni di essi contengono. Mi proverò dunque sperando di non incorrere in errori e sviste grossolane.
12 luglio 1996 – Precipitando dal monte verso il mare, con ancora i fili della relazione agli iscritti della FILTA nazionale sulla mondialità: anche perché il respiro corto dei patri confini è insufficiente a dare spinta alle prospettive future; sulla sua macchina fumante come i cavalli dei cavalieri erranti che spirano fuoco e fiamma Giuseppe arriva in quel di Comacchio per celebrare il funerale di Lucia, che ci ha lasciato. Il duomo è gremito di gente, che viene a dare l’ultimo saluto a Lucia. Denso di emozione l’aria che si respira. Quando muore una giovane l’umanità resta più povera, per sempre. E il dolore di chi rimane è senza nome. Duemila persone si stringono al feretro a chiedere il perché di tanto dolore ed in segno di solidarietà. Nello stesso giorno a Venezia Stefano Benacchio conclude la sua fatica universitaria e consegue la laurea in Economia e Commercio nella sede di Ca’ Foscari. Con emozione riceve la nomina a dottore anche se il presidente che legge la dichiarazione “In nome del popolo italiano” forse già pensa al prossimo laureando, che non si finisce più. Auguriamo a Stefano di poter cogliere poi i fiori dell’economia nelle terre rosse del Brasile. Per quelli della FILTA (non me ne vogliano per il salto e la ripresa) è stata un’occasione per entrare tramite Macondo nello spirito della Mondialità, e riprendere il cammino mai interrotto dell’impegno sociale. Quando le ideologie si confrontano con il quotidiano producono frutti che è dato cogliere a quanti sentono il rumore dell’erba che cresce nel campo.
13 luglio 1996 – Tutti sanno che ad Imperatrix ci abita una ragazza simpatica di nome Luigia ed un padre cappuccino gioviale ed una comunità di frati. A Negrar si sono incontrati gli amici del gruppo “Maragnao” per far festa, e nella festa inventare proposte nuove e continuare il percorso iniziato in sintonia con l’attività di Imperatrix. Orlando Conati ha avuto la gioia di ospitare il gruppo degli amici. Quanti sono andati quest’estate in quel del MaraÁ±ao hanno trovato un’accoglienza ed uno spirito eccezionali. Un gruppo pur di arrivare si è avventurato su di un piccolo aereo, raccomandando l’anima a Dio per le cadute di pressione, senza ricevere mai risposta. Forse l’hanno trovata sulla terra rossa del sertao.
15 luglio 1996 – Stefano e Mauro si preparano per il Brasile. Direte che è tardi. Ogni anno sono molti quelli che decidono la partenza dopo la festa nazionale di Macondo a fine maggio. La cosa migliore è quella di prepararsi per tempo. Quest’anno Farinelli Gaetano pensa di aprire un corso di portoghese per quanti hanno intenzione di partire per il Brasile. Un modo più completo di avvicinarsi alla cultura ed ai volti. Ricordo di passaggio che gli ospiti della casa in Brasile sono stati al 31 di agosto ben settanta. Ma potrebbero essere di più, tenendo conto che la provenienza loro è quasi esclusivamente dal Veneto, dall’Emilia, dal Piemonte e dalla Lombardia visto che l’Italia non si ferma alla Padania ed alla casa di Berta filava; naturalmente sarebbe bene allargare anche i tempi dell’uso, visto che quasi tutti si concentrano nei mesi di luglio ed agosto.
18 luglio 1996 – Riunione in preparazione del Campo scuola della diocesi di Padova. Verterà su fede e impegno politico; si deve attenzione al mondo in cui viviamo per lasciarci coinvolgere. Tema affascinante, ma anche difficile, che a volte i cattolici nascondono dietro il “Date a Cesare quel che è di Cesare”, quasi a dire che ognuno si faccia i fatti suoi. Qualcuno lo definisce “della micro mondialità”, vale a dire che gli spazi ampi della mondialità si realizzano nella terra che calpestiamo con uno sguardo nuovo, ma non distratto; attento anzi al quotidiano.
20 luglio 1996 – Matrimonio di Cristina Cotti a Salerno (o Santerno?) di Bologna. Dolce e decisa la sposa. Lo sposo la prende per mano e l’accompagna all’altare, dove li attende Giuseppe. Nei primi banchi Oliviero nasconde la commozione soffiandosi il naso e stringendo forte la mano di Giuseppe. Ivana, mamma di Cristina, avrebbe desiderato vedere la figlia, ma è partita troppo presto. O forse c’è nelle lacrime che non si trattengono, o nei battimani improvvisi, o quando la sposa inciampa, senza cadere. Agli sposi brindiamo: amaro! come gridavano i Boiardi, e che sia di lieto auspicio e ricco di figli.
21 luglio 1996 – Lo staff composto da Giuseppe, Gianni, Luigia e Lele, cui si aggiungerà Angelica, progettano il campo scuola che si terrà ad Amelia dal 28 luglio al 3 agosto 1996. Ma di questo si dirà distesamente in altre pagine della rivista.
27 luglio 1996 – A Verona Emanuele e Sara si sposano. Tutto era carico di felicità. Il pavimento della chiesa, i muri. Gli amici che erano in chiesa. Come dentro la nubbe (con due buoi), dicevano due sposi novelli che mai avevano abbandonato il paese. Ed in cima all’altare Giuseppe che affermava il matrimonio essere un atto di coraggio e di speranza. Ed il coro invece di cantare l’ave Maria di rito aspettava in silenzio che cessassero i battimani. Che si prolungarono oltre l’eco, che rincorreva la sua voce e scherzava coi boccoli biondi della sposa. Gli sposi sono poi volati in Brasile dove li attendeva la luna ed il miele e le galoppate sui bus sui taxi e sul delfino di Curuai che canta di sogni e d’amori.
28 luglio 1996 – Partenza del pullman per Amelia dove un gruppo di venticinque giovani da tutta Italia ripercorrendo il mito di Icaro andrà “in cerca d’ali”, senza precipitare nel mare d’agosto, pur sfiorando la curva del mondo. Ma lasciamo ad altri il gusto di raccontare le giornate di lavoro.
9 agosto 1996 – Inizia la festa “Orlo del bosco” che si conclude il dodici del mese, cercando di raggiungere l’orlo del sertao dove lavora la Luigia Gottoli. Quando gli estremi si toccano, possono cadere anche i confini e nascere nuove illusioni. Batti il tamburo e scuoti le chiome, vibra la cima dell’olmo, ed allunga lo sguardo oltre il cortile.
19 agosto 1996 – Campo scuola Giovani di Padova. A.C.I. Tema dell’incontro : “Da che mondo… è mondo”. Ma della cosa ho già scritto in data precedente.
22 agosto 1996 – Rai: Unomattina, ore sette. Mario Bertin intervistato da Amedeo Goria. L’occasione è data dalla scomparsa di minori e dagli episodi di violenza scoperti in Belgio. Alla domanda del conduttore di Uno mattina sulla violenza ai minori, Bertin risponde con un’affermazione drammatica: la meraviglia, lo stupore e la incredulità che in Brasile ( ed altrove) la grande risorsa dell’infanzia sia a tal punto trascurata che manco si pensa ad una programmazione e quindi che i ragazzi cadano nelle maglie dei profittatori che ne sfruttano il corpo per i trapianti e per giochi sessuali. A Stoppiglia viene chiesta la funzione di Macondo in Brasile. Un’attività, risponde, di sensibilizzazione è quella dell’associazione, che offre spazio anche ad una raccolta mirata di fondi per associazioni con funzione di recupero umano. Sul contenuto del libro “E decise di chiamarsi João” Mario ricorda che i ragazzi brasiliani sono senza passato e senza futuro; appartiene loro soltanto il presente che si solidifica nel possesso esclusivo del loro corpo, sul quale costruiscono la sfida per la vita, e contro il quale si avventano come uccelli rapaci gli uomini senza anima.
28 agosto 1996 – Molti ormai rientrano dal Brasile. Uomini e donne che hanno vissuto accanto ad un popolo simpatico e sofferente. Aperto e reticente. Accogliente e diffidente. Gioioso e sarcastico. Un popolo in cammino. Dal sertao alla città. E di nuovo verso la terra. Alla ricerca della politica dalla quale fugge inorridito, deluso, indifferente. I nomi degli itineranti sono scritti negli elenchi disponibili in duplice copia, che Maria invita a compilare. Qualcuno non pensi che sia l’unica incombenza della casa, anche perché le ore del giorno sono tante, che sommate a quelle della notte fanno ventiquattro, tutte di seguito.
31 agosto 1996 – Sono passati due amici per Serravalle a visitare il vecchio. Ma era ricoverato altrove, a Bologna. Sono rientrati alle loro case tristi perché avevano voglia di vederlo, ed anche lui desidera tornare a casa; non ci si abitua mai al distacco dagli affetti e dalla propria terra. Un saluto affettuoso a monsignor Giovanni Marinelli!
5 settembre 1996 – È avvenuto a Deserto un incontro interessante. Non c’erano leoni e neppure capre smagrite. Solo quattro uomini ed una donna a parlare con animazione attorno alla missione ed alle sue funzioni in Italia e naturalmente in terra lontana. Animata e dunque non concorde, forse proficua, certamente cordiale. Quale sarà il futuro della chiesa nel mondo? Quale sarà il futuro degli uomini, che faticano a cercare sul loro cammino e scoprire uno spazio che sia vitale e vivo? Cosa vogliono gli uomini: soldi, denaro, accoglienza, rispetto? Vibravano i bicchieri sul tavolo, che qualcuno si affannava a riempire perché non si spezzassero nelle vibrazioni. Ma il vino non era garbo.
7 settembre 1996 – Si ritrovano i ragazzi del campo di Amelia, dicono per una pizza, ma forse per ordire trame ed ingannare il nemico. O forse solo a preparare l’incontro prossimo venturo di Dosolo sul Po. O anche per rischiarare l’immagine negli occhi degli amici ed amiche traslucida, opaca, che perde la patina dei colori.
8 settembre 1996 – Il signor Paolo Ronchi di Bovisio Masciago (MI), vincitore del primo premio (consistente in un viaggio in coppia a Palma di Maiorca) alla sottoscrizione premi della festa nazionale di Macondo, avendo acquistato il biglietto n. 3345 serie F, è partito assieme alla moglie Daniela per godere una felice vacanza lontano dai rumori della città tra delfini ammaestrati e foche monache, accompagnati dalla sana invidia degli amici non vincenti.
9 settembre 1996 – Continuano i colloqui con quanti a tempo e fuori tempo desiderano andare in Brasile. E questo fa piacere.
13 settembre 1996 – Cena di laurea per Stefano Benacchio, sulla Nave di Campolongo che guarda il fiume Brenta. La brezza è soave, dalla prua i giovani marinai salutano le dolci ragazze brindando alla salute. A bordo rimangono poche donne, e qualcuna oltre l’età canonica. Ma la festa si accende attorno al festeggiato, che richiama ricordi e rampogna qualcuno dei vicini che interrompono la marea dei ricordi e le lacrime. La cena si consuma via via. Sull’albero di trinchetto qualcuno alza la voce, e vede di lontano fuochi e focherelli che bruciano la vanità dell’assoluto e la presunzione dell’immutabile. La Nave salpa e poi sbarca al porto della buonanotte, e scendono dalla passerella i convitati contenti di aver sentito in lontananza il tonfo delle trote e la voce del neoammiragliodottore Stefano.
15 settembre 1996 – Non se ne abbiamo quelli della catena umana sul Po. I giovani di Macondo si sono ritrovati a Dosolo nelle vicinanze del grande fiume e il cielo era azzurro (da cui celazzurro senza traccia alcuna di omonimia provocatoria). La giornata era organizzata da Gianni, Luigia e gli amici di cui sarebbe bello ricordare i nomi. Lungo la strada che porta al santuario abbiamo incrociato una macchina ferma in mezzo alla strada. Forse era una macchina di albanesi, che facevano sosta per prendere aria. Ci siamo allontanati di pochi metri, ed è comparsa sul finestrino posteriore la figura di una giovane donna con in braccio un bimbo di pochi mesi. Era Sonia. Abbiamo pensato che stessero allestendo un campo per lupetti; ed invece anche loro stavano arrivando a Dosolo per l’incontro, solo aspettavano il cambio delle marce che era un poco lento. Solo allora sono apparsi Giorgio, Ivan; David era il neonato. In una sala adiacente ad un santuario della Madonna dell’Alberone si è consumata la riesumazione del corso di Amelia, le prime percezioni, le volontà. C’erano i meno giovani, che anche loro hanno voluto partecipare al dialogo o colloquio per allungare la riflessione e pensare a voce alta. Poi i giovani hanno avanzato alcune proposte di attività futura. Occuperanno uno spazio in Madrugada: allo scopo si è già formato un gruppo redazionale. Inoltre si propongono di fare almeno due campi scuola ogni anno: invernale ed estivo. Naturalmente indirizzato ad altri giovani. Ma intanto continuare con il gruppo attuale su nuovi percorsi ed argomenti. A breve ci sarà un incontro a Enego organizzato da Marco. Si è pure lanciata l’idea di inserire una giovane (o un ragazzo) nella segreteria. All’incontro erano presenti più di venti ragazzi tra i sedici ed i venticinque anni. Per arrivare a quaranta si aggiungano i meno giovani. L’incontro si è sviluppato in modo cordiale, rallegrato da un pranzo che fa invidia ai ristoratori della riviera romagnola. Nella notte in macchina sono rientrati tutti assieme alle camicie verdi, che manco ridevano, perché poi non si dicesse che motteggiavano il capo dell’ampolla.
19 settembre 1996 – Si ritrovano di nuovo i responsabili del campo giovani per tirare i fili di Dosolo perché si intreccino sull’albero dei desideri e dei sogni segmenti e percorsi; mentre i folletti, i maghi e le fate preparano trabocchetti e filtri a rallentare il cammino. La strada è nera, la strada è rossa; ma il cuore batte a ritmo normale. All’incontro Giuseppe, Laura, Thomas e Gaetano.
21 settembre 1996 – Nelle terre della pianura che sconfina con la nebbia, che se la mangia e la rigurgita piano piano fino alle soglie della primavera si sposano Alberto Camata e Cheti. Ne parleranno le radio locali, perciò orecchio alle infraonde. Volano le rondini verso il caldo e lasciano spazio a che si formi un nido segno di speranza in un mondo cui sovrasta la marea, e si spengono in gola i richiami.
22 settembre 1996 – Giorno dedicato alla raccolta dei frutti. Si raccoglie l’uva sui tralci e se ne sprimaccia il vino nuovo. E si portano i bimbi all’altare per gustare il sale della sapienza e l’acqua della rigenerazione. Riceve il battesimo Marta; con il sorriso di Monica e Carmelo porta a tre le M in famiglia; e Francesco che inaugura il ciclo dell’amore nella famiglia di Ivana e Andrea. Nasce sotto la pioggia ed il vento d’autunno, mentre scendono le prime nebbie Anna, figlia di Paola e Giampaolo. Il padre era disperso nel Chiapas, trattenuto nella Selva Lacandona, ma contattato via Internet è arrivato per il lieto evento. Ma ci sono in arrivo o forse già usciti dal grembo altri infanti giramondo che rallegrano le famiglie ed il vicinato. Di cui non ricordo i nomi, ma di cui dovrò prendere informazione per non perdere il conto delle pietre preziose. E che si dia inizio alle danze.
24 settembre 1996 – Gira per le strade d’Italia e salpa nelle acque del Tirreno Maurizio Ortu che oggi è ospite in terra veneta. Ancora per pochi giorni in Italia, e poi il suo rientro a Teofilo Otoni nel Minas in Brasile, dove riprende il lavoro tra i contadini minarensi. Da ricordare che anche Adriano ed Elena la moglie partono per il Brasile, per un periodo di tre mesi, visitando gli amici che in questi anni hanno ospitato a casa loro, con l’emozione di ritrovarli al lavoro sul loro terreno e cogliere con loro se non i frutti il sapore della lotta e della gioia di vivere. Adriano da qualche giorno è in pensione, ma non vuole riporre il bastone del pellegrino, perché la vita la si può assaporare e costruire fino all’ultimo respiro ed anche oltre. Lo accompagna Elena perché non varchi i limiti dell’impossibile e si ricordi dei fuochi della nostra terra.
27 settembre 1996 – A Tramonte Chiesa, in quel di Teolo, si riunisce la segreteria al completo. Si fa la verifica delle attività dell’anno: le feste, i viaggi in Brasile ed America Latina, le attività editoriali e relativa distribuzione. Si passa poi alla preparazione dell’assemblea elettiva che si terrà a novembre il giorno sedici, sabato. Verrà inviata a tutti i soci una lettera di informazione. Quando ci ritroveremo a Bologna avremo il resoconto di tutto; per intanto tenetevi una sana curiosità.
17 ottobre 1996 – Gira e rigira sui cardini la finestra del balcone. Il sole saltella dietro l’orizzonte e rimbalza sui vetri che vibrano. È mattino; in un fruscio è passata l’alba. Nella notte Anna ci lasciava un anno fa. Avevamo sperato l’impossibile, ci eravamo legati all’improbabile; ed il filo si era spezzato. Fuori abbaia il cane e si scuotono nel freddo i merli. Sull’erba le orme impercettibili di quanti ci hanno visitato nella notte. Non so se riusciremo a capire la vita quando tutto è vuoto attorno, e risuonano inutili le parole consolatrici… e non vediamo più i volti degli amici.