Ipotesi di lavoro sul tema della piccola impresa in America Latina
Per una rinnovata linea di cooperazione internazionale
Le iniziative avviate negli ultimi anni in alcune province della Repubblica Argentina (Santafe e Cordoba) e del Brasile (Rio Grande do Sul, Santa Caterina, Paranà) inducono a riflettere sulla possibilità di promuovere esperienze di sviluppo endogeno ispirate al modello dei distretti industriali europei ed italiani in particolare.
Non sono poche le indagini sul campo, sia pure indiziarie, che confermano l’esistenza in alcuni territori dell’America Latina di condizioni minime sufficienti per lo sviluppo di piccole imprese a rete.
Nelle province citate, ad esempio, esistono già una cultura e una tradizione industriale di stampo europeo, base indispensabile per una rapida integrazione nell’economia globale; da qualche anno tende a crescere anche l’interscambio commerciale, mentre si rafforza il ruolo delle associazioni imprenditoriali e delle istituzioni locali orientate ad una specifica politica per la piccola impresa.
In queste realtà esiste già una precisa domanda di cooperazione da parte di soggetti collettivi e gruppi di imprenditori cui diverse organizzazioni italiane ed europee (università, associazioni imprenditoriali e centri di ricerca e servizio per le piccole imprese) possono dare risposte convincenti. Tale domanda riguarda prevalentemente:
* la formazione di agenti locali di sviluppo che siano capaci di intervenire sui fattori critici del territorio (creazione di risorse umane e finanziarie, start-up di centri di servizio reale, costruzione di relazioni commerciali internazionali, integrazione tra industrie, avvio di patti territoriali) che possono favorire una rapida germinazione di reti integrate di piccole imprese e non solo processi di decentramento delle grandi aziende transnazionali;
* il trasferimento di tecnologie e di know-how a favore di imprese o gruppi imprenditoriali che, pur avendo già avviato una propria linea di crescita industriale o artigianale, hanno bisogno di supporto organizzativo o formativo per estendere la propria presenza all’interno del Mercosur e nel mercato globale (stage presso aziende partner in Europa).
A questo tipo di domanda le istituzioni italiane della cooperazione, in accordo con strutture formative, associative e di ricerca delle regioni, possono dare risposte concrete in tempi brevi.
Condizioni preliminari
Tuttavia è ancora necessario effettuare un paio di approfondimenti analitici prima di giungere ad una fruttuosa linea di cooperazione sul tema della piccola impresa:
* da un lato, è indispensabile completare l’analisi dei modelli distrettuali e non-fordisti di sviluppo presenti in America Latina per identificare le modalità attraverso le quali questa specifica forma di sviluppo industriale (molto simile, nel suo DNA, a quella presente in Europa e nel Nordest dell’Italia) ha potuto radicarsi, pur in assenza di condizioni favorevoli simili a quelle di cui hanno goduto i distretti europei;
* dall’altro, è necessario insistere nella costruzione di occasioni di incontro tra esperti e tecnici dei due continenti, anche attraverso lo strumento dello stage o delle visite guidate in distretti o territori simili dell’America Latina e dell’Europa, con l’obiettivo di raccogliere elementi certi circa l’effettiva somiglianza dei sistemi produttivi e dei territori che potrebbero essere coinvolti in un nuova fase di cooperazione (qualità dei prodotti e dei processi, standard tecnologici e conoscitivi, ruolo delle istituzioni, evoluzione storica degli insediamenti, ecc.).
A proposito di questi aspetti, va ricordato che già esistono non solo esperienze di ricerca (attuati dalle università e da istituzioni pubbliche e private come Cepal, Nomisma, Poster), ma anche esperienze di formazione, stage e scambio tra operatori che rendono tutt’altro che astratti e generici i nuovi approfondimenti proposti. Questi si configurano come premessa operativa per lo sviluppo di più efficaci relazioni economiche tra imprenditori dei due continenti, attorno ad un nuovo modello di sviluppo basato sulla centralità della piccola impresa.
Progetti di ricerca scientifica
Riveste particolare importanza lo studio dei distretti (o quasi distretti) e dei fattori che ne hanno determinato l’origine, perché da tale studio si possono ricavare non soltanto indicazioni specifiche sulla piccola impresa sudamericana, ma anche preziosi elementi di analisi del fenomeno distretti come modello economico generale-non contestuale.
La letteratura specializzata dedica grande attenzione alla ricerca dei fattori territoriali che costituiscono una premessa indispensabile per lo sviluppo di reti integrate di piccola impresa (quelle che riescono a competere sul mercato globale). Sembra che soltanto alcune condizioni ambientali favoriscano l’insediamento di una piccola impresa di successo e che i policy maker, come i biologi, debbano saper intervenire su tali condizioni, più che sulle singole unità produttive, per ottenere insiemi vitali di aziende capaci di seguire una traiettoria di sviluppo orientata alle esportazioni di prodotti manifatturieri ad elevato valore aggiunto.
Per suggerire politiche efficaci di sostegno alla piccola impresa è dunque indispensabile definire un modello multidisciplinare di approccio alle caratteristiche del territorio, secondo gli schemi originali elaborati dalla scuola italiana di economia industriale che fa capo a Giacomo Becattini, Sebastiano Brusco, Enzo Rullani, e che ha dato vita ad una estesa rete di analisi ed esperienze innovative in molte regioni del Nordest.
Da qualche tempo in America Latina si è creata una rete di ricercatori (RED PYMES MERCOSUR) composta di esperti argentini, cileni e brasiliani, con un elevato grado di professionalità, con una grande omogeneità scientifica e operativa, interessati a dialogare con i colleghi italiani.
Si tratta oggi di trovare le modalità concrete di cooperazione scientifica, che possa condurre al più presto a elaborare un modello generale di business administration adatto ai sistemi di piccola impresa.
In questo contesto, è significativo che l’Ambasciata Italiana in Argentina, in collaborazione con la Secretaria Pymes de la Presidencia e il Ministerio de Economia della Repubblica Argentina, Cepal e BID, abbia avviato (Buenos Aires, 27 novembre 1997) un primo seminario di confronto tra ricercatori dei due continenti proprio sul tema dei distretti e delle politiche per la piccola impresa.
Nei prossimi mesi sarà opportuno concretizzare, non soltanto il prosieguo della discussione, ma anche l’avvio di alcuni progetti di intervento sperimentali (con gruppi misti di ricercatori, in alcune realtà locali più disponibili) che diventino l’occasione per misurare l’efficacia del nuovo approccio analitico.
Progetti di formazione e stage
per agenti locali di sviluppo
L’esperienza formativa promossa dalla Regione Veneto, dalla Camera di Commercio e dall’Università di Padova in due province argentine e in uno stato del sud del Brasile negli ultimi anni, ha messo in evidenza l’utilità di corsi finalizzati a selezionare giovani laureati sudamericani (con una forte omogeneità culturale rispetto alle comunità residenti nell’area cosiddetta della Terza Italia) interessati ad un periodo di formazione in Italia.
Tale esperienza dimostra che giovani motivati a svolgere un ruolo di agenti locali di sviluppo, formati alla scuola dei distretti e delle istituzioni della piccola impresa italiana, sono in grado di svolgere, una volta rientrati nel paese d’origine, una funzione chiave a favore dello sviluppo della piccola impresa. Alcuni di essi sono stati in grado di assumere incarichi dirigenziali nelle istituzioni economiche oppure di diventare consulenti per consorzi di imprese e associazioni.
La stessa esperienza pilota dimostra però che l’Italia non è organizzata per offrire ai giovani ospiti di altri paesi una proposta formativa organica, articolata in sessioni teoriche ed esperienze pratiche, corsi e fasi di stage in azienda o in centri di servizio, che concorrano a costruire competenze manageriali adatte a far nascere e a governare reti di piccola impresa.
A questo proposito sarebbe opportuno immaginare un ruolo più attivo delle università e dei corsi post-universitari del Nordest (CUOA) oggi scarsamente propensi ad entrare nel circuito internazionale della formazione qualificata. E un ruolo attivo potrebbe essere svolto anche dalle istituzioni che sono a diretto contatto con le imprese (Tecnopadova, Treviso Tecnologia o il Centro Produttività del Veneto, il Citer o l’Aster dell’Emilia Romagna, il Cosmob delle Marche) che potrebbero intervenire nell’organizzazione delle fasi di stage.
Non c’è dubbio che la possibilità di osservare direttamente il funzionamento di reti efficienti di piccola impresa (calzaturieri della Riviera del Brenta o della zona di Montebelluna, ceramisti di Sassuolo, mobilieri della zona di Pesaro), stringere contatti con ricercatori e tecnici europei, discutere con dirigenti di centri di servizio, sia un’esperienza formativa essenziale nel curriculum di un agente locale di sviluppo, di rilevanza pari, se non superiore, alla preparazione teorica.
Progetti di trasferimento tecnologico
per tecnici e imprenditori
Proprio strutture come quelle nominate, che già oggi sono coinvolte in progetti finalizzati alla cooperazione internazionale e allo sviluppo delle relazioni culturali con le comunità italiane all’estero, potrebbero essere protagoniste di un processo di innovazione nel campo delle relazioni tra imprese delle aree considerate.
Oggi, infatti, le istituzioni nazionali preposte all’interscambio tra singole aziende europee e dell’America Latina (Camere di Commercio e ICE nel nostro caso) limitano il proprio impegno alla promozione di incontri generici tra tecnici e imprenditori.
Le missioni all’estero, anche quelle avviate in accordo con le associazioni, tengono conto raramente della dimensione territoriale dello sviluppo economico e della specializzazione effettiva dei gruppi di imprese coinvolti; non sempre vengono preparate da opportuni approfondimenti tra tecnici e da sopralluoghi preliminari agli incontri tra imprenditori.
L’ossessione di produrre risultati tangibili a breve, in termini di volume d’affari e progetti di joint venture tra singoli operatori, allontana le istituzioni nominate dall’obiettivo di favorire l’incontro tra sistemi locali e imprese minori.
Il coinvolgimento sistematico di aziende speciali, centri di servizio o altre strutture analoghe vicine ai distretti italiani, nella predisposizione delle analisi preliminari agli incontri tra operatori e nella selezione tecnica dei sistemi interessati a specifici progetti di scambio, potrebbe concorrere ad un netto miglioramento delle relazioni tra piccole imprese dei due continenti.
L’avvio di iniziative che comprendano il trasferimento di know-how da parte di tecnici italiani in distretti dell’America Latina, ma anche l’acquisizione di know-how da parte di tecnici sudamericani in stage in alcuni distretti italiani avrebbe una duplice conseguenza:
– da una parte di avvicinare tra loro interi sistemi e non soltanto singole imprese, con ricadute ampie e automatiche, sia sul sistema donatore che sul sistema beneficiario;
– dall’altra di preparare il terreno a possibili intese tra imprenditori, orientate al lungo periodo e trasferimenti di tecnologie e capitali a rischio controllato, perché adeguatamente preparati.
Conclusioni
In America Latina le imprese italiane, soprattutto quelle minori, sono chiamate a sperimentare un nuovo modello di internazionalizzazione. In Brasile, Argentina, Cile esse non possono sperare di esportare prodotti senza realizzare opportuni accordi di cooperazione e trasferimento tecnologico.
Nelle comunità italiane ed europee dell’America Latina esse possono trovare non soltanto un riferimento amico, dal punto di vista culturale e commerciale, ma anche un partner strategico per l’innovazione. Trasferire know-how e tecnologie, esperienze tecniche e di mercato, adattare l’esperienza italiana a realtà socioeconomiche così lontane, costringe ad un lavoro di autoanalisi e di revisione dei modelli tecnici e organizzativi impiegati che non può non avere effetti positivi sulle imprese italiane.
Il coinvolgimento di strutture di ricerca interessate a definire un modello di management per i sistemi di piccola impresa e di centri di servizio qualificati rende inoltre meno rischiosa l’eventuale partecipazione al progetto.
Nei prossimi mesi sarà dunque importante raccogliere l’ultimo elemento che manca. La volontà politica di scommettere sulla produttività dell’incontro tra sistemi di piccola impresa, centri di ricerca scientifica e centri di servizio, recuperando risorse per un progetto di cooperazione innovativo, finalizzato a produrre le basi di uno sviluppo endogeno anche in America Latina.