Incontro delle Comunità ecclesiali di base. La festa dell’inclusione
Il grande incontro delle Comunità Ecclesiali di Base, realizzato a São Luìs do Maranhão, dal 15 al 19 luglio 1997, è cominciato con una festa che ha dato la giusta tonalità al 9° Interecclesiale. Sul palco non c’era solamente il vescovo di São Luis per dare il benvenuto a tutti i partecipanti delle tantissime Comunità Ecclesiali di Base del Brasile e anche ai rappresentanti delle CEBs dell’America Latina e Caribe. Al suo fianco c’era l’autorità religiosa delle popolazioni indigene il “pajè”, la figura carismatica del popolo afro-brasiliano la “madre del santo”, il pastore luterano, il senza terra, il senza impiego, il “favelado”, la donna, il bambino, il giovane, lo straniero… Insomma, il mondo degli esclusi si trovava su quel palco per affermare, chi danzando, chi parlando, chi cantando, chi benedicendo, che il grande evento delle CEBs vuole essere la festa dell’inclusione, come ha proclamato con molta forza la grande coordinatrice dell’Interecclesiale, Lucineth Cordeiro Machado, nel bellissimo discorso di apertura.
Vita e speranza delle masse
Il nono incontro aveva come tematica Le CEB’s, vita e speranza nelle masse. Il lavoro, svoltosi in 6 blocchi differenti, ci ha condotto a riflettere sul come essere oggi vita e speranza per le masse di persone che vivono nella miseria, nella povertà, nell’emarginazione sociale, nell’esclusione diabolica, oppure per quelle masse che si spostano a destra e a sinistra per incontrare l’Assoluto mediante le grandi processioni, feste, celebrazioni; o per quelle masse che vivono insoddisfatte nell’opulenza del capitalismo, nella borghesia dell’accumulazione. La sfida per la Comunità Ecclesiale di Base (CEB) è entrare nelle masse senza affievolire la sua forte proposta di vita comunitaria, della spiritualità della liberazione, di impegno e lotta per la trasformazione della realtà; cioè CEBs che diventano davvero speranza e vita nuova per questo gigantesco Brasile impoverito, affamato di giustizia, di condivisione, di terra per tutti, di amore e di Dio.
Cultura di massa e plagio
Il lavoro si è svolto per blocchi.
Nel blocco “cultura di massa”, usando il metodo peculiare delle CEB’s (vedere, giudicare, agire, revisionare e celebrare) si è visto subito che la cultura di massa è molto influenzata oggi dai mezzi di comunicazione sociale, che sono però nelle mani dei potenti. I media hanno la capacità di manipolare le masse e di portarle ad una cultura consumistica, edonista e neoliberale che distrugge la cultura del bene comune, della giustizia e della condivisione. In Brasile si nota al volo come la televisione è diffusissima. Anche nelle favelas, dove la vita è molto precaria, c’è il televisore. C’è stata, ed esiste tuttora, una politica di fabbricazione di modelli a basso prezzo e di diffusione anche nei sotterranei della storia per riuscire a controllare il cervello delle masse. Nella campagna elettorale si percepisce quanto potere hanno i grandi mezzi di comunicazione e come riescono a plagiare le coscienze, non permettendo di scegliere il candidato che darebbe futuro al paese, ma dando continuazione all’élite politica di governare. A Belèm, capitale dell’Amazzonia, dove io lavoro, la televisione è entrata, in questi ultimi giorni, anche in alcune linee di autobus della città.
Un’altra conclusione importante dell’Interecclesiale è che le CEB’s devono usare questi mezzi importanti per parlare oggi alle masse, ma devono preoccuparsi anche che i media trasmettano un messaggio di liberazione e di trasformazione della società.
Tutti abbiamo una cultura
Il teologo Frei Betto, uno dei grandi sostenitori delle CEBs che faceva parte del nostro gruppo di assessores, parlando alle 400 persone del nostro blocco, ha introdotto il suo discorso spiegando che cultura è tutto quello che la gente fa per avere una migliore qualità di vita. Ha sottolineato che tutti abbiamo una cultura e non solo coloro che hanno frequentato l’università. Ha continuato affermando che esistono culture parallele e differenti e tutti siamo colti, ma la società ingiusta privilegia la cultura intellettuale a scapito della cultura manuale dei piccoli.
Frei Betto ha inoltre affermato che esiste una cultura dominante, quella dei ricchi e potenti, che fa di tutto per entrare nella testa dei piccoli. “In una società disuguale la testa del piccolo diventa hotel del grande, ospita la testa dei potenti”. Citando il discorso del papa sulla comunicazione, il teologo ha denunciato che i media presentano molti valori occidentali supponendoli valori cristiani, ma in verità sono valori a favore del capitale e del lucro. Parlando di Gesù Cristo, Betto ha sottolineato che era un uomo cosciente di avere cultura, ma non era quella della classe dominante.
Le tradizioni popolari
Sull’agire, che riguarda la terza parte del metodo di riflessione e di ricerca delle CEBs, i vari blocchi hanno sottolineato l’importanza dei mezzi di comunicazione di massa della cultura cristiana, quali le celebrazioni, le processioni, le “romarias”, il teatro liturgico, i momenti forti come la Pasqua o il Natale, i pellegrinaggi, le missioni popolari…, per esempio nella grande processione del “Cirio” di Belèm, durante la festa della Madonna di Nazarè, partecipano ogni anno più di un milione di persone della capitale e delle altre città del nostro Stato. È una della maggiori processione del mondo cattolico. Questa grande realtà che fa parte del cattolicesimo popolare ha una influenza molto rilevante a livello di comunicazione. “Le CEBs si situano nel seno del cattolicesimo popolare. Sono spazi dove le tradizioni si rinnovano, e dalle vecchie radici germinano nuovi rami con fiori vistosi e frutti nutritivi e saporosi per i nostri tempi” afferma la lettera di São Luis (il documento finale in forma di lettera che è stato votato dall’Assemblea Generale).
Frei Betto, terminando la sua relazione, ha dichiarato che “la porta della ragione del nostro popolo è il cuore e la chiave è la religione”. Infatti la gente ama e applaude coloro che sanno parlare al loro cuore. E allora, le CEBs non possono prescindere da questi elementi per essere oggi lievito nelle masse.
In sintonia con questo impegno, le Comunità Ecclesiali di Base sentono l’importanza di scoprire e conoscere meglio tutto il mondo religioso afro-brasiliano che è ricchissimo di riti, di espressioni, di simboli e di contenuti della cultura negra.
Cultura indigena
Gli indios, partecipanti dell’Interecclesiale, hanno riconosciuto l’importanza delle CEBs come luoghi dove tutti gli esclusi possono incontrare una casa e possono sentire solidarietà e appoggio per la propria lotta. Il nono incontro ha voluto dare spazio affinché gli indios, che generalmente sono i senza voce, potessero parlare. Sono stati molto applauditi i due discorsi che hanno fatto nelle due assemblee generali dell’Interecclesiale. La parola di Pinà, rappresentante dell’etnia indigena Tembè, ha concluso il discorso con queste parole: “Voi siete il nostro appoggio e noi siamo la vera cultura brasiliana”. Per questo, un altro impegno molto importante dell’Interecclesiale è la lotta per la demarcazione delle terre indigene, per la difesa delle loro culture e per la preservazione della natura.
L’esclusione dei senza
Il nono Interecclesiale si è sviluppato attorno al gravissimo problema dell’esclusione sociale, degli indios, dei negri, degli impoveriti, degli oppressi, dei senza voce. Il fenomeno dell’esclusione sociale sta creando le masse dei “senza”: senza terra, senza lavoro, senza casa, senza cibo, senza educazione, senza salute, senza vita ecc. Per questo le CEBs camminano insieme con i vari e importantissimi movimenti che stanno rivendicando i diritti di questo popolo dei senza. La CEB ha percepito che la grande causa dell’esclusione è il neoliberalismo e l’Interecclesiale ha dichiarato la sua dura opposizione contro questo sistema selvaggio.
L’opzione fondamentale per i poveri, scelta tipica delle CEBs in sintonia con i grandi incontri dei Vescovi latino-americani di Medellin, Puebla e Santo Domingo, è stata non solo riconfermata, ma ha guadagnato anche un’altra connotazione: opzione fondamentale per gli esclusi.
Le CEBs, un nuovo modo di essere chiesa
È forte la tendenza delle CEBs di coniugare la fede con la vita, ossia il Vangelo che entra nella vita della gente e diventa fermento di un quotidiano che realizza finalmente i grandi valori del Regno di Dio, che sono valori pienamente umani: la giustizia, la pace, la condivisione…Infatti, l’impegno contro la cultura di morte del neoliberalismo è espressione dello sposalizio felice tra il rito e la vita che succede nella comunità ecclesiale di base.
La Ceb ha la capacità di trasformare la chiesa piramidale e gerarchica, ancora troppo presente nella storia del cattolicesimo, e farla diventare la chiesa della comunione e luogo di protagonismo concreto dei laici e delle donne, come ha dimostrato l’Interecclesiale dove i vescovi si perdevano in mezzo agli altri, ma senza svuotare il loro ruolo sacramentale.
Infine, le CEBs si trovano alla sequela del Dio di Gesù Cristo che è il Dio della vita, e celebrando il Vangelo della vita si sforzano con molto sudore e sacrificio di combattere quella cultura di morte che sta massacrando masse e popoli interi, realizzando così la grande festa dell’inclusione.