Il colonialismo è finito

di Crosta Mario

DA OGGI SI RIPRENDE
Nel 1992 ricorre il 500° anniversario di ciò che secondo alcuni è la scoperta, secondo altri la conquista delle Americhe. Già la discordanza sulla definizione di quanto è avvenuto (scoperta conquista?) ci induce a riflettere sulle diverse possibilità di lettura dell’avvenimento. Tenterò in questa sede di approfondire gli aspetti economici della vicenda.E ancor più precisamente, lasciando agli storici la ricostruzione di quanto è successo in questi 500 anni, cerche rò di mettere in rilievo come ancora oggi operino meccanismi che in qualche modo consentono la perpetuazione di una situazione di dominio di alcuni stati su altri. Voglio solo richiamare alcuni processi che presero avvio, o che si caratterizzarono con aspetti di particolare rilievo, a partire dal 1492:

  • l’allargamento dei mercati sia dal punto di vista territoriale che dal punto di vista delle tipologie delle merci;
  • l’utilizzo-sfruttamento di nuova manodopera;
  • il fenomeno coloniale.

La sinteticità dell’elencazione rischia di banalizzare la portata di tali processi. In effetti, la pur minima riflessione ci consente di vedere come il corso della storia di alcuni popoli sia stato profondamente segnato da tali eventi.

SONO RIMASTE LE CONDIZIONI
Con un salto di notevolissime dimensioni ci portiamo all’oggi. Inutile sottolineare come il continente americano sia diviso in varie Americhe. Sul perché esistano varie Americhe (argomento di non poco interesse) sarebbe utile fare in futuro una riflessione. Mi soffermo a presentare tre meccanismi strutturali che mi sembra determinino oggi in maniera considerevole la vita di milioni di abitanti del centro e del sud America (e non solo). Tali meccanismi (che, si badi bene, non sono gli unici) sono:

  1. il debito estero;
  2. il commercio internazionale;
  3. la cooperazione economica internazionale.

A) Il debito estero: già altre volte si è discusso in Madrugada del debito estero dei Paesi in via di Sviluppo (PVS). In questa occasione evidenzio solo come scelte politiche unitamente alla legge della remunerazione del capitale (mai messa in discussione negli ambienti finanziari internazionali) abbiano messo in ginocchio interi popoli, intere economie di per sè in possesso di un’elevata ricchezza potenziale. Al di là di tutte le analisi che si possono fare, il debito estero altro non si è dimostrato che un meccanismo strutturale in grado di determinare la sudditanza dei paesi del sud del mondo al capitale finanziario internazionale.
B) Il commercio internazionale: le recenti vicende relative al commercio internazionale hanno dimostrato come molte scelte di politica economica siano completamente determinate da prese di posizione ideologiche. Quanto è stato raccomandato ai PVS il libero scambio quale medicina necessaria per uscire dalla loro crisi? L’analisi dei flussi commerciali tra i grandi blocchi (CEE – Usa – Giappone) evidenzia però elevati gradi di protezionismo. E un’analisi ancor più approfondita dimostra che tale protezionismo è causa di ulteriore impoverimento dei PVS. A quando un riordino dei mercati internazionali? Le vicende di questi giorni legate alle difficoltà di negoziazione relativamente al rinnovo degli accordi GATT, non fanno certo ben pensare. Ogni singolo blocco è esclusivamente teso a proteggere i propri egoistici privilegi.
C) La cooperazione economica internazionale: è di questi giorni la notizia che la farina inviata ad un PVS nell’ambito di un progetto di cooperazione da una società italiana era avariata. Un incidente? Forse. Certamente un segnale molto pericoloso. Mi chiedo: a quando un’effettiva cooperazione tra i popoli che sostituisca l’attuale spartizione di affari tra multinazionali? Basta analizzare come vengono spesi in Italia i fondi destinati alla cooperazione per rendersi conto di come molto spesso, dietro ci siano gli interessi di questa o di quella multinazionale. E in molte occasioni, peraltro, tali fondi vengono impegnati in opere faraoniche di dubbia utilità per il contesto in cui sono realizzate. Quello che dovrebbe essere un modo per concretizzare la solidarietà, si dimostra essere mera ricerca del profitto. Queste poche righe non hanno certo la pretesa di essere una riflessione conclusiva. Tutt’altro. L’obiettivo è quello di provocare una riflessione. Quelli evidenziati sono solo tre flash che, in quanto tali, possono forse aiutarci a fare parzialmente luce sui processi economici internazionali.
Formalmente il colonialismo è finito. Ma in effetti, è proprio così?