Elezioni in Brasile. Valutazioni a caldo

di Ortu Maurizio

Le Elezioni Generali del 1994 saranno probabilmente ricordate come le elezioni delle grandi frodi. Nello stato di Rio de Janeiro si dovrà votare di nuovo per eleggere i deputati per la Camera Federale e i deputati per l’Assemblea Legislativa. La decisione è stata assunta dal Tribunale Regionale Elettorale, dopo aver constatato che non c’erano le condizioni per rendere le elezioni valide, neppure dopo un secondo spoglio generale delle urne, visto che erano state contraffatte le schede bianche. L’annullamento delle elezioni per i deputati è probabile anche nello Stato di Amazonas, mentre altre denuncie arrivano dalla Bahia, dal Maranhão e da altri Stati.
Per quanto possa sembrare assurdo, queste denuncie e l’annullamento in diversi Stati sono il segnale che la democrazia brasiliana è cresciuta. La grande differenza con precedenti elezioni non è costituita dalle frodi, sempre denunciate, ma dal fatto che alcuni tribunali hanno avuto il coraggio di prendere provvedimenti duri, arrivando a decidere che gli elettori dovevano tornare alle urne.
Le frodi, in ogni caso, pare che non abbiano influito sul risultato delle presidenziali (o, perlomeno, non ci sono notizie di denuncie in questo senso); le urne in ogni caso hanno dato il loro verdetto inappellabile: Fernando Henrique Cardoso è stato eletto con oltre il 54% di voti validi, il doppio dei voti di Lula (27,3%). Quanto agli altri candidati, basti segnalare:
ç il risultato ottenuto da Eneas (7%) con una proposta fascistoide di ordine e autoritarismo, terzo in numero di voti, canalizzando parte del malcontento dell’elettorato verso i “politici” (qualcuno ricorda ancora “L’uomo qualunque”?);
ç il disastro elettorale di Leonel Brizola, fermo al 3% dei voti validi. é opinione comune che questo risultato può significare la sua morte politica, pagando la sua iniziale opposizione all’instaurazione della Commissione Parlamentare di Indagine contro Collor e una amministrazione disastrosa come governatore dello Stato di Rio de Janeiro.

Chi è il nuovo Presidente
Fernando Henrique è quindi il nuovo presidente del Brasile. Un uomo di centrosinistra, con un passato progressista, eletto con l’appoggio delle forze moderate e conservatrici che hanno sempre governato il Brasile (sia prima, sia durante, sia dopo la dittatura militare) e che sono gli artefici della attuale situazione di enormi disparità sociali, della fame e della miseria in cui vive la stragrande maggioranza della popolazione.
Ad una prima e superficiale analisi, quindi, hanno vinto le forze reazionarie, che hanno trovato il modo, attraverso Cardoso, di perpetuarsi nel potere. é presto, per”, per dire che sarà proprio così. E questo per vari motivi. Il primo è che se Lula, e con lui la sinistra, non ha vinto, non si può neanche dire che sia stato completamente sconfitto. Il quadro politico esce da queste elezioni (che è bene ricordare, non riguardavano solo il Presidente della Repubblica) abbastanza modificato: il PT e gli altri partiti di sinistra hanno aumentato la loro presenza alla Camera dei Deputati e al Senato; inoltre il PT ha buone possibilità di eleggere tre Governatori nel secondo turno (non ne aveva neanche uno), modificando sostanzialmente gli equilibri esistenti. Il secondo motivo è costituito dalle caratteristiche di Fernando Henrique, che non può essere definito un uomo di destra e che, almeno dalle prime dichiarazioni, non pare intenzionato a governare con autoritarismo e non tenendo conto delle opposizioni. In questo senso sono interessanti le dichiarazioni sia di Lula che di Cardoso. Lula ha riconosciuto la sua sconfitta, ha da subito confermato il ruolo di opposizione del PT al futuro governo, ma chiarendo che non si tratterà di una opposizione sistematica, ma sui contenuti e sulle proposte di governo, non negando l’appoggio ad eventuali misure che, a suo avviso, possano beneficare la popolazione. In tal senso ha dichiarato che lavorerà nei prossimi anni per riorganizzare le basi del PT e per rafforzare i movimenti popolari, per rivendicare, tra le altre cose, che Cardoso mantenga le promesse fatte durante la campagna elettorale.

Il ruolo politico di Cardoso
Da parte sua, Fernando Henrique, ha tenuto a ricordare il grande ruolo di leader politico e di statista di Lula, valorizzando da subito l’importanza dell’opposizione in un processo democratico. Entrambi, come già facevano nella fase conclusiva della campagna elettorale, hanno sottolineato l’amicizia che li unisce fin da quando lottavano assieme contro la dittatura militare. Hanno mantenuto, nel dopo elezioni, l’alto livello che ha contraddistinto la loro campagna. In questo contesto il clima è di grande aspettativa e neanche le forze che hanno appoggiato Cardoso cantano troppo vittoria, consce, probabilmente, che per sconfiggere Lula hanno dovuto cercare un candidato che non fa esattamente parte del loro campo, e quindi può risultare imprevedibile. Probabilmente questa sarà la questione centrale nei prossimi mesi: Fernando Henrique riuscirà a non essere ostaggio delle forze che l’hanno appoggiato e, di conseguenza, a governare come il suo passato richiederebbe e lascerebbe sperare, o le oligarchie che governano il paese riusciranno a fagocitarlo?
I primi segnali chiari si avranno a fine dicembre, quando il nuovo Presidente annuncerà i nomi dei nuovi ministri e da questo sarà possibile capire se si manterrà indipendente o se si piegherà alle pressioni delle forze conservatrici.

Il ruolo dell’opposizione
Un’ultima riflessione merita il PT. Non ci sono dubbi che hanno influito sul risultato elettorale anche grossi errori di valutazione e una posizione intransigente mantenuta dalla direzione del partito in relazione alle alleanze locali, che ha finito per allontanare possibili alleati. Ha pesato nella definizione delle strategie di campagna molto più la forza della burocrazia di partito che la base del partito. Quando Lula dice che intende percorrere il paese per riorganizzare le basi, si riferisce alla necessità di restituire al PT la sua originalità di partito espressione dei movimenti popolari e della società civile organizzata, originalità che ha un po’ perso in questi ultimi anni.
Certamente non sarà un processo indolore, ma indubbiamente necessario, se il PT non vuole trasformarsi semplicemente in uno dei tanti partiti che sono in Brasile. é una sfida non da poco, ma anche una sfida che rappresenta la speranza per questo paese e per i suoi esclusi, che sono la maggioranza della popolazione.