Diario della penultima guerra

di Monini Francesco

A incominciare una guerra non ci vuol niente. Basta un fiammifero buttato a caso e il fuoco divampa. Hai voglia a dire: io non volevo…
All’inizio, tutte le guerre, guerre mondiali comprese, sono sempre delle “guerre lampo”. Almeno così pensano (almeno così dicono di pensare) presidenti e capi di stato maggiore. Due tre giorni, una settimana, un mese al massimo: basta far vedere i muscoli e il nemico alzerà subito bandiera bianca.
Tutte le guerre sono manichee per principio e definizione. Da una parte i buoni, dall’altra i cattivi; di qua il bene, di là il male. Possibile? No, è una idiozia. Ma a questa idiozia bisogna crederci almeno un po’: altrimenti nessuno si sognerebbe di risolvere i problemi con un mezzo tanto antico quanto inefficace come la guerra.
Buoni e cattivi. Noi siamo i buoni e di là dal mare ci sono i cattivi. Sembra incredibile, ma di là dal mare pensano la stessa cosa. Pensano: noi siamo i buoni e di là dal mare (di qua dal mare, per chi mi sta leggendo) stanno i cattivi. Mio padre da bambino giocava (reminiscenza della Grande Guerra) a “italiani contro austriaci” (crucchi). Ho letto che anche in Austria negli anni Trenta si giocava allo stesso gioco. Alla fine, vincevano sempre i buoni. Infatti, nessun bambino italiano voleva fare la parte dell’austriaco; e nessun piccolo crucco voleva fare il soldatino mangiaspaghetti: che gusto c’è a perdere!

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Come si fa allora a riconoscere i buoni dai cattivi? Semplice, prima della parola “buoni” ci sta sempre un “noi”. La parola “cattivi” si associa invece a meraviglia con “loro”, “gli altri”, “quelli là”.
Si potrebbe concludere che causa prima delle guerre è un problema di pronomi. Smettiamola con i pronomi (possibile che non riusciamo a farne a meno?), smettiamo di pensare, dire, gridare “noi”, e dopo un secondo su tutta la terra non si sparerà più un colpo.

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Non che Milosevic non sia quello che è: dittatore, torturatore, massacratore. Certo che si doveva fare qualcosa per fermare le operazioni di pulizia etnica contro la popolazione albanese del Kosovo. Da anni si doveva intervenire, e da anni le poche voci di denuncia erano coperte dal silenzio dei media e dalla indifferenza dei governanti occidentali.
Poi, che è successo? Perché la grande NATO (la confusa Europa dietro le bandiere americane) ha dichiarato guerra alla Serbia? Per un soprassalto di coscienza? Il mondo libero che difende i perseguitati?
Così ce l’hanno raccontata. Ma non c’è coscienza nella guerra. E nessuna logica, nessuna “ragione”, perché – come scriveva Ernesto Balducci – dopo Hiroshima non è più vero il motto di Machiavelli che “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”.
Ci hanno raccontato, guarda caso, che questa sarebbe stata una guerra veloce e indolore. Dopo una settimana di bombe, Milosevic se la sarebbe fatta sotto, eccetera, eccetera.
Tantopiù che noi (ebbene sì, nonostante il balletto di dichiarazioni di questo o quel ministro, c’eravamo anche noi) avevamo delle bombe specialissime. Intelligenti, appunto. Altro che quella robaccia russa di seconda o terza mano in dotazione all’esercito serbo.

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Dopo una settimana, sette giorni a settecento missioni aeree al giorno, non succede un bel niente. Anzi, qualcosa succede.
La pulizia etnica diventa genocidio di massa e deportazione. Il Kosovo viene svuotato a forza. E tutti sapevano che così sarebbe successo. E nessuno aveva pensato a preparare i campi di accoglienza, il cibo, i medicinali. Solo l’Italia: e una volta tanto la nostra “cultura dell’emergenza” ci fa fare bella figura.
Succede che le bombe intelligenti (moderne, sviluppate, tecnologicamente avanzate) ammazzano civili serbi e civili kossovari. Un palazzo, una corriera, una colonna di profughi, un ospedale…ogni giorno un “piccolo” errore, tante scuse e arrivederci.
Dopo un’altra settimana: pessimismo sulle trattative. Dopo un mese: tratta la Russia ma Clinton tiene duro. Ci prova il vaticano, poi ancora la Russia, poi il segretario dell’ONU. Sono passati due mesi: si riparla di intervento di terra.
Le bombe continuano a piovere, ovunque, anche – e parecchie – nel nostro mare. Se ne accorgono i pescatori quando se le trovano nelle reti: il comando NATO si era scordato di comunicarlo al nostro presidente del Consiglio. Alleati sì, ma rigorosamente di serie B.

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A incominciare una guerra non ci vuol nulla. Giusto un po’ di incoscienza. Ma quando finisce questa guerra?
Poi, improvvisamente, due giorni fa, arriva la pace.
Perché proprio adesso? Non ci ho capito niente.
Avranno finito le scorte di bombe intelligenti? O avranno deciso Mentana, Fede, Santoro, la Gruber e l’allegra compagnia dei giornalisti televisivi che, dopo aver brindato all’audience in salita grazie alla guerra, si sono accorti degli sbadigli dei telespettatori? Oppure – versione dei falchi – “dai e dai” alla fine le bombe hanno piegato Milosevic?
Ma ho capito che la guerra non ha risolto niente. Il Kosovo è peggio di prima, i profughi sono allo stremo, sotto i Balcani continua ad ardere un grande vulcano. L’Europa, quella ancora non si vede.
Non ci rimane che aspettare la prossima. Vicina o lontana? Una guerra dimenticata o una guerra sotto i riflettori. per vendere tanta pubblicità in televisione? Si accettano scommesse.