Celebrare meglio i cinquecento anni

di De Vidi Arnaldo

Celebriamo quest’anno (12 ottobre) il quinto centenario dell’arrivo di colombo in “America”. Siamo tutti d’accordo che la data non può passare sotto silenzio. E’ vero che già o Vichinghi erano arrivati in America verso l’anno mille; ma quell’avvenimento era rimasto senza conseguenze.

E’
vero che Colombo credeva di essere arrivato in Asia, dalle parti del
Giappone e non in un nuovo mondo; ma ciò non toglie che la scoperta
abbia segnato l’inizio dell’identità degli abitanti delle Americhe.
Il 1492 cambiò la storia, l’economia, la cultura dei continenti di
Europa ed America.

Premesso
ciò, diciamo che quest’anno abbiamo elementi per celebrare meglio
questo centenario. Meglio per esempio di cento anni fa, quando
l’interpretazione della scoperta era unilaterale. Proprio in
occasione del quarto Centenario, il papa Leone XIII riassumeva la
versione comune, officiale, presentando la scoperta come un fatto
provvidenziale, e Colombo come un santo.

“Le
genti tutte si rallegrano e celebrano la memoria di un avvenimento
così gratificante ed esaltano il suo autore (Cristoforo Colombo).
(…) Per opera sua, dal seno inesplorato dell’Oceano è emerso un
altro mondo; innumerevoli creature sono uscite dalla dimenticanza e
dalle tenebre per essere restituite alla società comune del genere
umano, cambiando i loro costumi selvaggi con mansuetudine ed umanità.

(…)
Al suo animo apparvero ingenti moltitudini perdute in miserevoli
tenebre, riti insani e superstizioni idolatriche. E’ una grande
miseria vivere con abitudini e costumi selvaggi; Tuttavia miseria
ancora più grande è non conoscere le cose trascendentali e rimanere
nell’ignoranza dell’unico e vero Dio.

Turbato
da tutte queste cose, fu suo fervente desiderio estendere verso
occidente il popolo cristiano e i benefici della carità cristiana”.

In
questi ultimi cento anni c’è stato un grande progresso in campo
storico e antropologico. Coloro che vogliono quest’anno una
celebrazione trionfale (e purtroppo esistono), sono vecchi di
cent’anni. Oggi abbiamo coscienza che in passato, come dice

QUALE
VERSIONE?

B.Brecht,
furono i vincitori a scrivere la storia dei vinti; ed i
conquistatori distorsero i lineamenti dei conquistati.

Qualcuno
dirà: “Anche la versione dei vinti è parziale”. Sì,
l’imparzialità assoluta è un mito. Perfino la storia di Gesù è
arrivata a noi in quattro versioni. Siamo tutti cercatori della
verità. La novità delle celebrazioni di quest’anno sarà proprio
questa: accanto alla storia raccontata da chi stava nelle caravelle,
ci sarà inevitabilmente e provvidenzialmente quella raccontata da
chi stava a terra.

Noi
occidentali, eterni narratori, dobbiamo farci ascoltatori.

Ho
letto in un monumento di Città del Messico, nella Piazza delle Tre
Culture, davanti alla chiesa di san Tiago, questa frase:” Non ci
furono nè vincitori nè vinti, ma la nascita di un popolo meticcio”.
Però entrando nella chiesa ho visto san Giacomo rappresentato in
alto-rilievo nella pala dell’altare maggiore, come un cavallerizzo,
montato su di un focoso cavallo che calpestava le teste degli
Atzechi.

Vicino alla porta della chiesa mi sorprese una statua di Cristo di grandezza naturale, a livello terra. Cristo, seduto e con i lividi, veste camicia e calzoni di colore scuro, come i campesinos. Così le due immagini della chiesa di S.Tiago smentiscono la versione dei monumenti: sono la prova che la nostra storia è scritta in conflitto e in essa Cristo fa l’opzione dei poveri.

San
Paolo luglio 1992