Si può vivere senza luoghi?
Scorrendo le pagine di Madrugada
Fa caldo e se guardi controluce ti ricoverano al pronto soccorso. Ma noi ci armiamo di vetri scuri, un cappello bianco e di otri di acqua in cerca di un luogo, un’oasi, forse.
Giuseppe indica un sentiero per Cercare fin dentro la notte il senso, che affronta il tema della guerra e del terrorismo, il disprezzo della vita nelle sue varie forme; la necessità di cercare il male e le sue cause non solo fuori, ma pure dentro di noi, per non militarizzare il dibattito.
L’indicazione ci porta su di una grande spianata, come nelle favole di Orlando che insegue Angelica per strade e castelli. Ai bordi ci sono tre cavalieri. Arrigo Chieregatti (non è lui il cavaliere sul cavallo bianco, ma gli sta accanto) sventola l’insegna Luoghi d’incontro o spazi per vendere? che significa: se le case sono negozi, e le piazze mercati e le strade catene di montaggio, dove poseremo i piedi per conversare assieme? Passa il cavallo bianco e sul lato sinistro del grande prato alza lo zoccolo il cavallo rosso del secondo cavaliere. Sotto scorta Ivo Lizzola tiene tra le mani la pergamena Luoghi della cura, luoghi della vulnerabilità: la vita potrà essere abitabile, se debolezza e forza si incontreranno in una danza di trascendimenti che disegni una casa nel mondo. Sul lato opposto del campo circondato da pini mediterranei avanza il cavallo nero del terzo cavaliere. Da lui protetto Enzo Scandurra tiene alto lo stendardo: Vivere assieme. Ogni luogo è sacro, perché il luogo nasce dall’evento, fa parlare lo spazio e mette ordine al caos.
Ora, nel grande spazio che sostituisce la geometria coi fiori di campo e con l’erba, entrano le ragazze vestite di bianco, i bambini in giallo, le bimbe indossano lino e depongono a terra tovaglie colorate e cibo in ampi canestri.
Come per un torneo cortese, le rubriche prendono posto al centro del campo a formare una figura.
Punteggia la rubrica di Mario Bertin, esodi, dedicata alla figura di Un santo senza verità.
Si allinea la rubrica di Fulvio Cortese, coi bordi rossi: Per una totale condanna della tortura e fa fronte agli sbandamenti giuridici e di civiltà in cui incorre un popolo che si sente minacciato.
Si inquadra la rubrica di Giovanni Realdi: C’è un tempo per correre e un tempo per camminare. Porta il sigillo del serpente, e pare quasi un testo sapienziale sulla precarietà come forma dignitosa del vivere.
Ora il quadrilatero diviene un pentagono, non di tiro a segno, un pentagono, con la p minuscola, sulla rubrica di Alessandro Bresolin: Bruxelles: la minaccia di un ghetto europeo, per ricordare ai grandi che costruiscono l’Europa, di non distruggere la struttura già pure incerta della città e l’identità dei cittadini.
Ai tempi supplementari arriva il nostro direttore, Francesco Monini, che avanza sventolando il suo diario minimo.
Triangola la rubrica di Sara Deganello, che porta un delfino sullo stemma e la scritta Galleggiando in terza classe, per un viaggio sulle acque del Rio Amazonas in compagnia dei poveri della terra verso Belem città sul mare.
In coda Gaetano Farinelli di Macondo e dintorni si abbarbica sulle notizie e ne semina gli umori. Si allunga in cometa la coda sulle foto di questo numero cinquantanove. Vola la figura come un aquilone.