Neologismi: interfacciarsi
Relazionarsi, avere a che fare con
Il mercato affollava il parvis di Saint Gilles, costituito dal sagrato della chiesa omonima a formare una lunga piazza rettangolare, e le bancarelle intrattenevano passanti e turisti con vestiti a basso prezzo, frutta e verdura, gaufres e prosciutto delle Ardenne. Un portoghese vendeva lumache lesse e un fioraio turco sciacquava il selciato a secchiate. Era quasi l’una del pomeriggio, gli affari erano quasi finiti e la gente approfittava di uno squarcio di sole estivo per bere un caffè o una birra tra i tavolini dei numerosi bistrot che si affacciavano sui lati del parvis.
Uno, lei, al metro
– Andiamo, di qui possiamo prendere il tram fino alla borsa.
Disse un uomo vestito di completo blu e voluminosa borsa di cuoio, che sistemando gli occhiali indicava l’insegna della Metro a sua moglie. La strinse per mano, distogliendola da canottiere colorate a due euro l’una. Avviandosi all’ingresso della fermata sotterranea, davanti a loro una signora africana con una bambina che le zompava attorno, un ragazzo che ascoltava il walkman, due ragazze in chador e un signore col suo bastardino al guinzaglio che stavano timbrando il biglietto. La ragazza, stupita dalla bellezza del decoro di quella fermata di metrò, rallentò il passo fino a fermarsi per guardare meglio quelle pareti ricoperte di mattonelle quadrate bianche e celesti. All’interno di ognuna di quest’ultime era scritta una lettera, giustapposte una alle altre in modo indistinto a comporre un muro di lettere di difficile comprensione.
– Cosa significano tutte quelle lettere su ogni mattonella?
– Un’artista ha disegnato questa fermata, c’è scritta la dichiarazione dei diritti dell’uomo, articolo per articolo.
– Guarda, ci sono altre frasi più leggibili lassù, cosa dicono?
Disse la ragazza, che per osservare meglio piegò il capo fino a far cadere all’indietro gli occhiali da sole che teneva tra i capelli a caschetto biondi ossigenati. Si inginocchiò per raccoglierli, ed emise un leggero squittio realizzando che erano caduti sopra un mucchio di cartacce sporche.
– Fai attenzione, e tieni chiusa quella borsetta… con tutto quello che ti porti dietro! Quelle sono due frasi di autori celebri, una è di Pessoa… ho male alla testa e all’universo intero. La seconda è di Erasmo, e dice… se vuoi il miele, sopporta le api.
Disse aguzzando gli occhi verso l’alto.
– Mi piace, fa riflettere.
– A me piace lo zucchero, e se non c’è mi accontento di un qualsiasi dolcificante. Andiamo, sta arrivando il tram.
Fecero una corsa mano nella mano raggiungendo la coda di gente che saliva. Davanti a loro un omone grasso mangiava una sandwich alla carne macinata leggendo Het Laatste nieuws, e la signora africana con la bambina stavano occupando gli ultimi posti a sedere. Solo allora la ragazza notò i vestiti sgargianti della donna, con la sua gonna color pistacchio e la voluminosa camicia gialla
– Hai visto, sono abiti tradizionali quelli.
– Certo, ma aspetta, non vorrei sbagliare… scusi, va alla borsa il 55?
– Ouais, anch io scendo lì.
Gli rispose una signora affaticata dal caldo che a fatica reggeva le borse della spesa. Salirono, e quando le porte si chiusero alle loro spalle, la giovane coppia si baciò, suscitando sorrisi di simpatia tra i passeggeri che vedevano la scena. La bambina africana si toccava le treccine strattonando la gonna della mamma indicando con le dita la scena, e la madre la carezzò compiaciuta.
– Vedrai come ti piacerà abitare qui.
– Non conosco nessuno ma mi adatterò.
Lo zingaro dai bottoni d’oro
– I miei colleghi sono simpatici, in ufficio c’è un ambiente internazionale e usciamo spesso insieme. Partite a calcetto, locali, cene… li conoscerai, e vedrai che ti piacerà. È una città dove puoi fare molte amicizie, anche se, come dappertutto devi fare attenzione.
Dopo un paio di fermate, alla gare du Midi, altri volti si incrociavano sul saliscendi, e le porte del tram si stavano chiudendo, quando un uomo sulla cinquantina salì i tre gradini, facendo in modo che si riaprissero meccanicamente. La ragazza girò la testa per sistemare i capelli e lo vide, con la coda dell’occhio, nel suo vestito nero dai bottoni dorati mentre si tirava su i pantaloni che gli cadevano larghi in vita. La prima cosa che gli fece venire in mente era l’eleganza pacchiana di un uomo d’affari dell’est che aveva visto nell’ultimo film di Kusturiza, ma, vedendo le contorsioni dell’uomo che con rapidi gesti convulsi cercava di scendere dal tram ancora fermo, si allarmò. Lo zingaro schiacciò il pulsante per riaprire le portelle, capì che lei l’aveva notato e contorse la faccia cercando di far fina di niente.
– Fermo, il mio portafogli!
Gridò istintivamente la donna in un italiano puntiglioso, stringendo a sé la borsa e rivolgendosi al suo compagno, che non aveva capito bene cosa fosse successo. Il suo sguardo era imbambolato da una giovane venere congolese dai jeans attillati, canottiera bianca con scritto PARADISE in rosa ad altezza seno, e a ventre scoperto un piercing sull’ombelico, sormontato da una piccola pietra rosa. Appoggiata contro la parete di fianco a lui, a pochi centimetri dalla manica della sua giacca, ascoltava un messaggio nella segreteria del cellulare. L’uomo rinvenne, e strinse la sua ragazza sulle spalle.
– Cosa succede, ti hanno disturbato?
Le disse con marcato accento settentrionale, televisivo.
– Il portafoglio, penso che mi abbia rubato il portafoglio.
Disse frugando nervosa la borsa, mentre tra i passeggeri si levava un brusio nervoso, fatto di borbottii e occhiate incuriosite di capire. Lo zingaro storse le labbra facendole una smorfia per dirle di stare calma e non agitarsi. Avanzò verso il centro del vagone chiedendo permesso ai passeggeri, e con teatralità prese il suo portafoglio sgualcito dalla tasca posteriore dei pantaloni, estraendo un biglietto che andò ad oblitere.
– Ti manca qualcosa, cara?
– No, non mi pare, il portafogli ce l’ho… sembrava mi stesse frugando nella borsa.
Lo zingaro, in silenzio andò a sedersi dando di spalle alla coppia e dispensando sorrisi rassicuranti sotto ai folti baffi neri. Arrivati alla fermata successiva il brusio incuriosito dei passeggeri scemò fino a spegnersi, e ognuno riprese a guardare il vuoto, a discutere sulla tappa del tour de France, a pensare cosa cucunare, a mandarsi sms. L’uomo strinse forte il pugno sul manico della voluminosa borsa di cuoio, e si avvicinò minaccioso allo zingaro fino a battergli forte il palmo della mano sulla spalla.
Non faccia finta
– Monsieur, hanno visto tutti che lei ha cercato di rubare dalla borsa di mademoiselle, è inutile che faccia finta di niente.
Disse ad alta voce improvvisamente furioso, e il naturale silenzio dei passeggeri divenne plumbeo. Lo zingaro girò il collo indispettito e rispondeva a gesti, con smorfie che inarcavano il baffo.
– Lasciare me stare! Che vole, manca qualcosa?
– È inutile che fai il furbo, sei un borseggiatore di quelli che si fanno le linee dei mezzi pubblici. Un ladro, e anche incapace, non ci sei riuscito ma cosa ne dici se chiamo la polizia, eh?
– Chiama polizia, chiama.
– D’accordo la chiamo.
L’uomo estrasse il cellulare dal taschino della giacca e fissò il quadrante qualche secondo, attonito, prima di ricordarsi che abitava a Bruxelles da pochi mesi e ancora non aveva avuto occasione di imparare i numeri d’emergenza. Si morse il labbro e alzò lo sguardo, rivolgendosi alla gente attorno a sé.
– C’è nessuno che sappia dirmi il numero della polizia?
Un senso di vertigine lo appesantì. Incrociò lo sguardo dell’autista, che continuava ad avanzare guardando la scena dallo specchio retrovisore interno. Forse per l’oscurità del tunnel, forse per la luce artificiale, gli venne un senso di vertigine fatto di odori pesanti, vecchietti allibiti, ragazzini con gli skatebords. Arabi fissavano il vuoto, ragazze intimidite, mentre le donnone africane lo fissavano di traverso, con i bambini aggrappati alle loro gonne colorate.
– Allora, nessuno vuole darmi il numero della polizia?
Gridò sull’orlo dell’esasperazione stringendo da un lato la borsa, dall’altro il telefonino. La ragazza dietro a lui masticava le unghie con gli occhi sbarrati, guardando i volti impassibili dei passeggeri.
– Ma questi qui stanno zitti, che impressione, sono tutti compiacenti.
Gli sussurrò guardando gli sgargianti vestiti colorati delle negre.
– Dalle facce metà di loro potrebbe essere complice… ma allora nessuno mi vuole aiutare? Voglio il numero della poliziaaa!
Lo zingaro aveva smesso di guardarsi attorno e sudava in preda ormai ad un’angoscia visibile, sprofondava sempre più basso nella poltroncina. Dalla parte opposta della carrozza una signora dai capelli grigi, aggrappata all’asse verticale del tram, bofonchiò a bassa voce.
– Centvingt…
Epilogo
– Non lo faccia, monsieur, non va bene, lasci stare.
Intervenne la signora africana che, senza smettere di carezzare la bambina che le stava aggrappata, aveva continuato a seguire l’evolversi della situazione.
– Perché no, ha cercato di rubare, è un ladro. Ciò che è successo è colpa sua.
– No, monsieur, non lo faccia, il peggio è passato.
– Ma bisogna pur dargli una lezione, prima che ci riesca veramente, a rubare. Gente così rovina la vita agli altri, non merita nulla.
– È uno straniero, vede anche lei che non parla bene neanche il francese. Se chiama la polizia avrà dei problemi.
– Questo cosa vuol dire? Anch’io sono straniero, ma non mi comporto così. Non è perché si è stranieri che bisogna comportarsi male.
– Non è la stessa cosa, monsieur, voi parlate bene il francese, lasci stare.
Lo zingaro, sempre più umiliato, restava immobile. In quel momento dalla borsetta della ragazza un trillo metallico ruppe la tensione.
– Pronto? Ciao Leti sono in tram. Come? Nooo, sapessi a me è appena successa una cosa tremenda.
Mentre lei parlottava a bassa voce, l’uomo guardò di fianco a sé il grande seno di cotone con su scritto PARADISE ma non ebbe il coraggio di affrontare i suoi occhi. Dalla velocità con cui il torace della ragazza si gonfiava e sgonfiava doveva averla impaurita parecchio. Fissò il piercing rosa sulla pelle nera e ripose il cellulare nel taschino della giacca.
– D’accordo lascio stare, ma ringrazi madame, delinquente.
Lo zingaro cercò gli occhi della signora e inarcò il baffo abbozzando un sorriso imbarazzato.
– Dici grazie a madame, ho detto!
– Merci madame.
Disse l’altro abbassando lo sguardo. L’uomo strinse il manico della sua voluminosa borsa di cuoio, e il suo volto si allargò soddisfatto. Prima che il tram arrivasse alla fermata successiva lo zingaro si alzò avviandosi alle porte. Passando davanti alla negra dal vestito sgargiante gli strinse una spalla con un movimento leggero della mano, riconoscente, e scese.
– Maman…
Bofonchiò la piccola al suo fianco, arricciandosi una treccina. La donna le diede un’altra carezza e continuò a fissare quell’uomo dai bottoni dorati, assorta, finchè lo vide scomparire sulle scale mobili. Alla fermata successiva l’uomo prese per mano la ragazza e si preparò all’uscita.
– Andiamo, la prossima fermata è la Borsa.
– Fortuna che non è successo niente.
– Cosa?
– Alla borsa caro, era una battuta.
– Ah! Secondo te ho reagito bene, poco fa?
– Mi sei piaciuto, certo è l’ultima volta che salgo in un tram.
– Hai ragione.
Salirono le scale mobili mischiandosi a decine di altre persone. Fuori, una sottile pioggia aveva cominciato a infastidire i passanti.