La procreazione medicalmente assistita. Scontro o dialogo?
Scorrendo le pagine di Madrugada
Primavera d’intorno brilla nell’aria, scrive il poeta, e intanto fuori tuona e piove ed il cielo muta volto; s’apre la montagna e si incupisce, onde per cui il mio pezzo che vive di luce si infittisce di ombre, di figure vaghe e di ambiguità velate.
A Trieste la bora soffia a centocinquanta e Giuseppe in Il cristianesimo degli atei devoti sfiora i centocinquantuno e non si può, là dove affronta la paura, le reazioni caricate dal buon senso che cerca i colpevoli tra chi non può difendersi, che stabilisce criteri di moderazione, che accolgono la guerra, ma condannano lo scippo.
Ora passiamo in un terreno delicato, dove è facile calpestare le aiuole, strappare un fiore e conservare la gramigna: nel monografico sulla Procreazione medicalmente assistita.
Davanti all’oleandro il prof. Pietro Barcellona, intervistato dalla redazione, scrive sulla corteccia de La riproduzione tecnica della vita che una questione simile non può essere discussa né a partire dai desideri né dai bisogni individuali, perché è una questione che riguarda la conformazione sociale, la cultura di un popolo, e neppure sotto l’aspetto ideologico di una tesi liberale o di una posizione restrittiva.
All’entrata del giardino la professoressa Angela Ales Bello, appone sulla pianta La “condanna” della scelta. Complessità e unità dell’essere umano, alcune considerazioni che possono orientare l’uomo ad una scelta etica responsabile, e dunque teorica e pratica insieme, di relazione, verso la difesa della vita, ma non a tutti i costi.
Dietro una pianta di rose, il sen. Giorgio Tonini, sul tronco di Tra legge e referendum, si chiede come è nata questa legge. In quale clima? In un terreno di scontro o di dialogo? E aggiunge che, forse. sarà utile una ricerca che maturi una scelta nel dialogo tra schieramenti, che depongano finalmente le ostilità e non si nascondano dietro la libertà di coscienza.
Qualcuno si chiederà perché qui e non nelle rubriche? Domanda intelligente, la risposta è nei contenuti. Fulvio Cortese in La Corte costituzionale e il referendum sulla recente legge in tema di procreazione assistita, pone la domanda del perché non ammettere il referendum su tutta la legge e poi accogliere quelli particolari. E tu che leggi, non dire solo: mah!
E passiamo alle rubriche che si vanno sempre più imponendo all’attenzione ed all’interesse del lettore, per la loro agilità e leggerezza intellettuale.
Mario Bertin ci presenta un grande del Novecento: Teilhard de Chardin. All’ascolto del mondo, gesuita, paleontologo, scopritore del sinantropo (uomo di Pechino), filosofo e teologo, apostolo di una Chiesa aperta al mondo, che cerca di fondere l’umano con il divino, e di mostrare la storia che si incammina verso l’eterno.
Giovanni Realdi in Fare memoria. Le voci, i volti per raccontare, su invito di Elena entra in una quinta ginnasio di Padova (Non è una rapina!) a parlare, ascoltare i ragazzi che dicono e ricordare che cosa sia la memoria dei campi di concentramento, il rancore e la sorpresa di essere testimoni di un presente frutto di un passato doloroso e crudele, per costruire responsabilità o forse solo indifferenza.
Il piccolo principe Egidio Cardini ci ricorda che sono trascorsi ben 25 anni dall’assassinio del vescovo Romero e di come la sua testimonianza abbia rovesciato una logica di accomodamento della Chiesa con i poteri istituzionalmente forti in America Latina.
Alessandro Bresolin ci porta all’indirizzo di 66 avenue Roosvelt e ci troviamo a Bruxelles: l’ambasciata della pace universale, dove scrive dell’iniziativa e dell’intraprendenza degli immigrati che occupano il palazzo dell’ambasciata della Somalia per ricostruire i fili di una appartenenza e conquistare senza violenza la cittadinanza in un paese straniero. Per l’Italia della Bossi-Fini restano sicuri l’affollamento, l’affogamento e il foglio di rimpatrio. E la fantasia in libertà?
Sbuca come una viola, ma subito scompare, il diario minimo di Francesco Monini che riempie di profumo l’aria. mi rimane nelle narici la nostalgia dei tempi andati ma che forse un giorno ritorneranno.
Sara Deganello è appena uscita dalla discussione della tesi di laurea in filosofia e mi porge un foglio, primo frutto della sua ricerca accademica: Appartenere ad un territorio, che affronta il rapporto tra cittadinanza (acquisita come?) e territorio (cui si appartiene solo per nascita e nazionalità naturale?). Una riflessione che ci porta alla immagine degli immigrati che bruciano a Parigi, dei clandestini, che scompaiono nel mare di Sicilia: ed è sempre il caso!?!
Conclude, come sempre, Macondo e dintorni del cronista portaborse che aggiunge solo l’orpello di qualche evento fuori le mura: Taranto insegna come fare lo scippo.
Dimenticavo le foto di Francesco Fantini, anche perché qualcuno me le sottrae alla vista. Ma il commento le mette bene in risalto. Parlano da sé. Come? non saprei, sono le doti della comunicazione. Silvio docet, ma adesso chi lo ascolta?