La famiglia e la società civile
Luoghi educativi di relazione
Che cos’è la famiglia? Che cosa significa educare?
Ho rivolto queste domande ad un gruppo di genitori impegnati in un cammino di formazione organizzato dalla comunità parrocchiale di Arzerello, piccolo paese della provincia padovana. Applico questa modalità di lavoro tutte le volte che mi trovo di fronte ad un gruppo di ascolto, e ogni volta mi meraviglio per quanta ricchezza e sapienza alberghi nella mente degli uomini. Tant’è che non mi sento mai di negare alle persone il loro “autentico pensiero” perché tramutato in parola quel pensiero diventa strumento per entrare in contatto con il tema proposto. Si attua in tal modo una sorta di indagine “su di sé” che permette di cogliere idee, punti di vista, conoscenze da condividere, confrontare e infine discutere insieme.
I contenuti dei pensieri raccolti dallo stimolo dato sono stati molti e possono essere sintetizzati in questo semplice assioma: la famiglia è una realtà preziosa in quanto conserva la vita e la fa crescere. La famiglia è la rete di protezione indispensabile per preparare il bambino alla vita, per gettare le basi educative.
Il ruolo dei genitori
Un bambino per crescere ha bisogno di uno sguardo, ha bisogno di appartenere a qualcuno, ha bisogno di un amore stabile, personalizzato, totalizzante, un amore che sa accoglierlo per quello che è, non per quello che sa fare, o per quello che rende. Per imparare a vivere da persona civile, ha bisogno di un luogo e di un tempo di educazione. Per acquistare stabilità affettiva e sicurezza personale ha bisogno di avere a fianco per alcuni anni un padre e una madre, sono loro che lo cesellano, lo costruiscono.
Un pensiero del genere può inquietare ma è vero che ogni uomo è il prodotto di chi lo ha amato o si è rifiutato d’amarlo.
Nel loro lavoro di educatori i genitori devono continuamente confrontarsi per saper individuare il maggior grado di unitarietà e coesione. Papà e mamma devono essere buoni alleati desiderosi non solo di far vivere il loro bambino ma di farlo crescere. A volte si fa ricadere sulla scuola la responsabilità di educare i bambini ma dobbiamo ricordare che tale compito spetta alla famiglia, alla scuola il compito di istruire. Tuttavia è necessario dire che l’educazione è un tutto unitario, non si possono dividere questi compiti. Istruire ed educare non sono momenti separabili, perché la scuola è un’esperienza di vita che segna profondamente i bambini, pur non togliendo niente alla famiglia che rimane il primo soggetto dell’educazione.
L’azione educativa
Educere: educare, significa portar fuori, condurre. Al bambino dobbiamo riconoscere delle capacità che vanno portate fuori e adeguatamente sviluppate.
Poniamoci di fronte al bambino con grande passione e grande modestia, dobbiamo permettergli di imparare ma anche di insegnarci. Ognuno è in grado di essere per l’altro una risorsa per apprendere qualcosa di nuovo. Il genitore passi la sua passione al bambino, faccia sentire che crede in ciò che fa e che é nel piacere quando fa qualcosa per il suo bambino e per se stesso. Più passioni ha il genitore più il bambino ha la possibilità di vedere e trovare le sue. Anche questo è educare.
Chi educa, chi accompagna il bambino nella sua crescita deve necessariamente chiedersi:
Chi è un bambino?
Quale responsabilità si ha nei suoi confronti?
Il bambino è una persona in atto e non solo in divenire, è un essere globale nel senso che è un tutto unitario dotato di particolari competenze: motorie, sensoriali, cognitive, linguistiche, affettive-emotive, relazionali. Il bambino ha dei bisogni. Bisogni irrinunciabili il cui mancato soddisfacimento può compromettere o danneggiare il pieno sviluppo delle sue competenze.
Rispondere ai bisogni
Nel corso dell’incontro, i genitori hanno identificato diversi bisogni:
– il bisogno di accudimento. Se si ha cura del bambino egli impara ad apprendere, a percepire, a rispondere a segnali emotivi e a formare un corretto senso di sé.
– il bisogno di fornire protezione fisica e sicurezza. Quando si parla di fornire ai bambini cure e protezione fisica vuol dire mettere a loro disposizione degli ambienti che possano garantire uno sviluppo sano, a cominciare dai primi giorni di vita, lungo tutta l’infanzia e adolescenza.
– il bisogno di garantire al bambino la realizzazione delle sue possibilità, molte o poche che siano.Ogni bambino è un bambino diverso con le sue potenzialità. Se si riesce a identificare i punti forti e i punti deboli del bambino e il suo modo particolare di rapportarsi con il mondo, riusciremo ad aiutarlo a superare le sfide che di volta in volta la vita gli presenta.
– il bisogno di definire dei limiti. L’esistenza di limiti certi e conosciuti consente ai bambini di sentirsi protetti e al sicuro. I limiti aiutano a crescere forti, a sviluppare le proprie risorse. I limiti sono l’ossatura di una buona disciplina e servono a contenere i bambini e le loro energie fornendo quel senso di sicurezza fisica emotiva di cui hanno bisogno per imparare le grandi lezioni dell’autocontrollo e del comportamento etico.
– il bisogno di una famiglia e di una comunità stabile di supporto: la scuola. Andare a scuola è l’occasione che viene offerta ad ogni bambino per affrontare con il bagaglio relazionale che l’esperienza famigliare ha già consolidato dentro di lui, nuovi rapporti, nuove interazioni, nuove conoscenze.
Dopo la famiglia e insieme
Il passaggio alla scuola destabilizza le sicurezze, mette a contatto con gli estranei, il bambino si deve adattare al nuovo macrosistema.
La scuola diventa luogo sociale dove bisogna imparare a stare con tutti indipendentemente da chi.
La parrocchia: chiesa in mezzo alle case, educa ai valori morali, è un posto d’incontro dove si condivide la fede e non solo, dove si condivide la vita. Un compito della parrocchia è quello di aiutare le famiglie a creare sane e buone relazioni. È quello di creare riflessioni su problemi che appartengono alla comunità, mobilizzare un pensiero che permetta di progredire su un piano sociale. È quello di attuare relazioni ottimali creando un clima di fiducia e sicurezza tra i membri della comunità. Il centro sportivo e/o ricreativo: luogo in cui il bambino incontra, socializza, compete. L’educatore ha il compito di far rispettare le regole, di sostenere il piacere del gioco, di riconoscere le abilità dei bambini e rinforzarle, di saper promuovere un gioco che non penalizza ma valorizza il piacere di stare insieme. Famiglie, scuole, chiese, associazioni civiche tengono unita la struttura di una comunità generando in tal modo un senso di coesione e identità tanto utili alla crescita dei bambini.
Educare alla cittadinanza
Provvedere ai bisogni irrinunciabili dei bambini è il primo passo per formare cittadini in grado di ampliare il senso di umanità che oggi, a parer mio, non è ancora capace di accogliere benevolmente “l’Altro”.
La buona riuscita di un’azione educativa passa attraverso il senso di responsabilità che un genitore e qualsiasi educatore deve portare con sé e che si racchiude semplicemente nell’essere esempio e modello. È sufficiente un comportamento semplice, improntato sulla coerenza, sul rispetto, sulla fiducia e sulla costanza per accendere nei bambini curiosità e riflessione. Affinché il compito dell’educare e dell’istruire porti frutti maturi è necessario rispettare il fattore tempo. Nel tempo è possibile regolare l’emotività di un bambino, nel tempo valorizzarne la potenzialità, nel tempo correggere l’errore. L’assimilazione avviene dopo un lungo esercizio, l’espansione richiede un lungo periodo di accomodamento.
Fiducia e responsabilità
Ci vuole tempo perché il bambino abbia fiducia in ciò che fa, collabori e applichi se stesso, e giunge a questo, solo se chi gli è intorno gli dà fiducia.
Fiducia, e rispetto, il rapporto tra genitore e bambino, tra insegnante e bambino deve essere pieno di quello “benevolenza” autorevole di chi sa intuire, comprendere, aspettare, accompagnare con pazienza nel tempo. Di chi, consapevole dei propri limiti, non si sottrae però alla responsabilità di essere “un modello”.
Il bambino ci osserva, ci imita in quello che gli piace e abbandona quello che non piace. Un educatore è quello che si mette a modello di un’attività finalizzata ben definita.
Affermava sant’Ignazio di Antioca: «Si educa attraverso ciò che si dice, di più attraverso ciò che si fa, e ancor più attraverso ciò che si è». Questo è secondo me il cuore del rapporto educativo, che fa perno sempre su due soggettività: genitore-figli, insegnante-alunno, adulto-bambino.
Auguriamoci come adulti, di arrivare all’essenzialità dell’intervento educativo e di essere in ogni tempo animati da un’unica tensione: quella di saper incontrare ciascun bambino in modo da aiutarlo a diventare “persona matura e responsabile, rispettosa verso di sé e verso gli altri”.