Il sogno nasce dal reale
Dove vi avevo lasciato l’ultima volta? Sì ecco: in caneva, in cantina. Col Mario. E la Rita. Ve l’avevo presentata la Rita? Non importa: si presenta da sola. È la moglie del Mario. Vi avevo condotto nel sepolcro-caneva, tra prosecchi e disillusioni, ma è ora di risorgere. Come? Armandosi di sfiondra (fionda), ovvio. Miei due reduci lettori, avanti, a riveder le stelle.
Il sogno nasce dal reale di uomini di profitto, nel detrito industriale, nel traffico intasato: vive nel supermercato.
Il sogno arma la sua fionda e può anche riuscire a centrare nella zucca il mostro: ammaccarlo, farlo pensare.
Il sogno di Mario ve lo dice la Rita: nonostante le dune di pannolini, acqua luce gas a fine mese, nonostante il tritacarne del quotidiano che tutti noi tritura finemente, nonostante tutto il Mario trova il gusto di non morire. Cioè di pensare.
Sviluppati sviluppati
consuma un po’ di più
sviluppati sviluppati
produci anche tu.
Sviluppati sviluppati
non ci pensare su
consumati consumati
la vita è tutta qui.
Ecco, lo so che come sogno non è un gran che, ma vedete: di questi tempi trovare il tempo di pensarci su potrebbe essere la leva che arresta l’ordigno universale (Montale scusami). Perché come sanno bene i ricchi le idee servono e contano. Anzi: per essere più sicuri ci spendono soldi per pagare quelli che gliele fabbricano, le idee.
www.TNI.org. Dateci un’occhiata se non l’avete già fatto. Leggete gli articoli di Susan George. Anche la Rita lo fa, aspettando che finisca la centrifuga della lavatrice.
Wurstel senza pelle
formaggio light
tre per due:
fratelli
di che ipermercato siete?
E del resto Mario anche lui fa fatica a pensare qualcosa di diverso quando la sua università (e noi con lui) la fa al supermercato, che voglia o no, tre-quattro volte la settimana. C’è voluta la Rita per fargli riprendere gusto: tra il sogno splendido ed ebete dei vent’anni e il martirio y dolor dei quaranta abbiamo anche alternative. Tutti, anche tu Mario.
Portami via da queste sere ingiallite
nel sodio dei lampioni di via Progresso
portami via da questo scempio
di vite a ore pagate straordinarie
non credere che questa sia la vita:
produzione, consumo, e consumarsi.
Non ci sono in giro molti sogni credibili, onestamente. Bei sogni, intendo. Pancia troppo piena? Certo. Saggezza reumatica? Mi pare di sì. Del resto la Rita ve la vedete arrivare a casa sventolando sotto il naso del Mario una rivista al grido di «Leggi qua, Sepolcri!» con qualcosa di meno degno? Ecco: in quella rivista c’era un articolo di Zanotelli. Il quale per dire quelle cose ha dovuto finire in Africa. Leggetevi tutto, o almeno qualcosa di Zanotelli e poi ditemi. Anche al Mario ha aperto una coronaria (anche perché quando la Rita lo chiama Sepolcri, in maiuscolo tra l’altro…).
«La pienezza si avvicina:
farò tutto nel marmo».
[lo scultore Modigliani, in una lettera]
… la fabbrica s’avvicina
che ne farò del verbo?
Eccolo, l’errore. Non credere nel verbo, credere che le idee non servono. A causa di certe idee costruite da uomini altri uomini producono e consumano. Occorrono idee diverse per persone, diverse, per metterle insieme. Questo tipo di idee hanno il pregio e il difetto che non vengono fuori come le idee post-liberiste (passami questa smenata lessicale, per piacere) da fondazioni e intellettuali pagati. Esce da posti come l’Africa più nera, il carcere di Turi (vedi Gramsci) e manifestazioni di Seattle che quando va bene li descrivono come “disordini”. E poi esce dal supermercato, nel senso che diventa uno stile di consumo diverso, e poi si riappropria di quella che è una delle risorse economiche più scarse dell’attuale sistema economico: il tempo. A farlo sarà gente comune, come la Rita, anche se per l’unica ragione che conosce: la necessità. Il Mario arriverà anche lui (gli tocca!).