Il prevalente passato
Alla lettura delle prime pagine di questo libro ho avuto l’impressione di trovarmi tra le mani uno zibaldone che prepara qualcosa d’altro, come appunto recita il sottotitolo. E siccome le prime sensazioni sono dure a morire, sono andato oltre per raccogliere i segreti di un uomo pubblico. Emergono a tratti i sentimenti appassionati per i suoi nipoti, e tra le righe e non solo l’amore intenso per la moglie Clotilde.
Sulla porta di casa, sul pianerottolo in attesa, nella sua pazienza fedele la sua donna costruisce la lunga sequenza di un mestiere, di una professione, di una passione non segreta che è quella dell’inviato, del politico militante.
Dentro questi due ruoli si costruisce il libro che diventa subito lo specchio del secolo che ci lasciamo alle spalle, in cui compaiono tutti i personaggi di rilievo della politica e della religione.
Nel diario compaiono i maestri del nostro secolo, gli aguzzini, i torturatori, i torturati, i progetti di una politica lungimirante; ma anche i gretti calcoli di bottega. Vi compare una chiesa che costruisce un mondo di rapporti umani e fraterni, accanto ad una chiesa logora e sorda agli appelli dell’uomo e di Dio.
Un tema ricorrente è la denuncia della violenza: quella del potere costituito; quella del potere che ha prevaricato; la violenza dei regimi forti e dei padroni del mondo: i padroni dell’economia, della guerra. Qui si sviluppano le analisi lucide contro la guerra, le proposte alternative ai massacri; il senso di giustizia che non si ferma davanti alle false pietà e chiede e apre spazi di luce su personaggi che si nascondono dietro l’età e dietro il pragmatismo, denuncia che conserva un senso umanitario che quei personaggi non hanno rispettato.
Come non ricordare le figure di La Pira, di Helder Camara, di Giovanni XXIII, di Fidel, ma anche figure umili e umane come Benedita, ed il vecchio partigiano dimenticato? E poi i nomi del terrore come Pol Pot, Pinochet.
La forza con cui affronta il Caso Ocalan è una pagina di civiltà ed insieme di memoria storica che va letta, per capire le ipocrisie dei potenti ed insieme non dimenticare le lotte per la libertà. Le sue pagine toccano anche la questione nevralgica delle ultime guerre, quelle della Bosnia, della Serbia e del Kossovo; invitano con una passione che non declina, a riflettere sui suoi pericoli, che non riguardano solo il presente coi suoi massacri, ma anche il futuro coi suoi fantasmi. Ripropone la questione mai sciolta di Israele, della Palestina, evidenziando le reticenze, le ambiguità, l’odio che non si vogliono ricomporre.
E ancora il fenomeno degli immigrati, affrontato in termini economici e storici; con una sguardo alla grande emigrazione degli italiani nel mondo ed affiancato da un panorama di miserie umane che indicano quanto sia ingiusta la spartizione delle risorse della terra.
Lo scrittore non dimentica alcuni poeti antichi e recenti, perché la poesia è l’anima dell’uomo; spinge verso quel sentimento umano e verso quell’interiorità che i dati a volte coprono; e i poeti sono uomini a volte grandi a volte tarpati nei loro difetti, ma che ci hanno lasciato la sorpresa di un’immagine o di un pensiero che ci spinge oltre la banalità del consenso e della omologazione.
E il titolo, che c’entra il titolo del libro? Viene ripreso ben quattro volte; ed è il tempo personale, il tempo storico, della cronaca; ma è anche il tempo interiore che ha sedimentato nello scrittore ed è diventato come un pegno che non si può dimenticare; un dramma che bisogna riprendere e rappresentare, una memoria attiva, una coscienza umana. Il libro è un’autobiografia strana, che si integra nei volti che ha incontrato nel suo cammino: volti gioiosi o tetri; generosi o violenti; quei volti, quegli incontri sono la sua parabola, sono la nostra vita.
Questo libro è fatto di parole, di grida, di silenzio: le parole sono le frecce che raggiungono il bersaglio; il silenzio è l’essenza delle parole, silenzio che nasce dall’interiorità e costituisce il senso, come dice l’indio tupì intervistato in queste pagine.
Ettore Masina
Il prevalente passato
Un’autobiografia in cammino
Rubbettino, Soveria Mannelli 2000
pp. 236, Lit. 20.000